sabato 6 febbraio 2016
​Don Luigi: era un ragazzo con una fede forte
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«Quando Giulio rientrava dai suoi viaggi all’estero e magari ci sentiva incupiti dai tanti problemi che abbiamo per i profughi o per la sicurezza, ci diceva sempre che non bisogna avere paura dell’altro. Le sue giornate, qui in paese, erano tutte dedicate ad aiutare gli altri giovani (ma non solo) a capire che proprio questa era la sfida». Chi parla è don Luigi Fontanot, parroco di San Valentino di Fiumicello, un prete molto impegnato nel sociale. Lei, quindi, ha ben conosciuto Giulio Regeni? Certo. Giulio, appena ritornava in paese, correva ad incontrarmi per raccontarmi, con il suo tipico entusiasmo, le esperienze che di volta in volta aveva fatto. Da Cambridge, agli Usa, all’Egitto. Aveva davvero voglia di far partecipi gli altri, e anche il suo parroco, delle esperienze di vita che aveva vissuto in prima persona. Mi raccontava del suo problematico confronto con il protestantesimo inglese, poi con quello degli Stati Uniti. Non finiva di parlarmi delle sorprese ricevute dall’approfondimento dell’Islam. Perché questo interesse di Giulio? Per una qualche forma di sincretismo religioso? No, anzi. Giulio aveva una fede forte, con dei 'fondamentali' trasmessi dalla famiglia e dalla stessa comunità che viveva profondamente. Mai quindi si sarebbe messo in gioco. Il ragazzo credeva davvero in quella diversità che è ricchezza, partendo però dalle proprie radici. Una diversità culturale e finanche linguistica, che aveva avuto modo di apprezzare in questo particolare territorio friulano, attraversato da tante civiltà. Probabilmente sarà stata quest’esperienza a portarlo in giro per il mondo a studiare. Giulio si era occupato molto delle 'primavere arabe' e si chiedeva, criticamente, quanto potesse fare l’Europa per il bacino del Mediterraneo. Sì, è vero. Ne abbiamo discusso più volte. Anzi ho proprio qui sottomano una sua tesina, presentata ad un concorso Irse di Pordenone, su questo tema. Giulio scriveva: «Le recenti rivolte popolari non sono un fenomeno nuovo, rappresentano la progressiva rottura di un patto sociale tra gli autoritari governanti nordafricani ed i loro popoli sottomessi. Tale spaccatura è dovuta alla trasformazione del ruolo dello Stato da uno di tipo populista ad uno di stampo neoliberista. Quest’analisi è di particolare rilievo per l’Unione Europea e le politiche estere comunitarie, poiché è solamente attraverso la realizzazione di un nuovo patto sociale in grado di affrontare le problematiche sociopolitiche della regione che si getteranno le basi per un rapporto stabile, duraturo e vantaggioso tra i Paesi del bacino del Mediterraneo». Questo scritto testimonia di quanto profonda fosse la capacità di analisi del ragazzo e di quanta passione ci mettesse.
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