lunedì 23 novembre 2015
Dopo l'ondata di arresti dei giorni scorsi, una lettera del vescovo Pennisi letta in tutte le parrocchie: la Chiesa continua a promuovere la legalità. (Antonio M. Mira)
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“La Chiesa intende continuare a promuovere la legalità connessa con la moralità e contrastare fenomeni devianti come la mafia e le sue piaghe cancrenose: il pizzo, l’usura, lo spaccio della droga, i guadagni illeciti”. Queste importanti parole sono contenuto in un documento della diocesi di Monreale, letto domenica in tutte le parrocchie di Corleone e di Chiusa Sclafani. Che denuncia “il silenzio e l’indifferenza” che “possono rischiare di alimentare ogni sorta di pratica criminale”. È la netta presa di posizione della Chiesa locale dopo l’operazione “Grande passo 3” di venerdì scorso che ha colpito il tentativo di “cosa nostra” di riorganizzarsi nei territori di Riina e Provenzano. Un documento anticipato ad Avvenire dall’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, che aveva commentano come “preoccupante quanto scoperto dall’inchiesta dei carabinieri, perché i mafiosi vogliono alzare il tiro. Assolutamente da non sottovalutare. Come Chiesa cercheremo di essere ancora più vigili”. E infatti nel documento letto nel corso delle messe domenicali (IL TESTO), si legge che “i parroci dei due paesi e la Chiesa di Monreale intendono ribadire il loro appoggio nel contrasto di tali fenomeni criminali con un sempre solerte impegno educativo che porti a un cambiamento della mentalità”. E questo, prosegue il documento, “si esprime nella denuncia dal pulpito e in una serie di iniziative concrete volte a creare un costume e una mentalità alternativi a quella della subcultura in cui alligna la mafia”. Così si ricorda il recente intervento sulle confraternite “nei cui statuti è stato sancito, in modo inequivocabile, il divieto di appartenenza dei singoli membri ad associazioni mafiose”. E questo anche per “mettere in guardia tutti, in particolare i cristiani, i quali possono rischiare, con il silenzio e l’indifferenza, di alimentare ogni sorta di pratica criminale”. Denuncia, dunque, ma senza sbarrare le porte. Il messaggio domenicali sottolinea, infatti, “l’invito alla conversione al Vangelo anche dei mafiosi, per creare una cultura della giustizia e della legalità fondata sulla piena consapevolezza che il bene comune è frutto dell’apporto responsabile di tutti e di ciascuno e ciò deve essere una priorità”. Ma non manca un preciso richiamo alle responsabilità pubbliche, chiedendo “una maggiore presenza dello Stato”. Perché non basta l’”importante, quanto necessaria, opera repressiva” se manca “quella preventiva” che si concretizza nel migliorare “la qualità della vita di quel territorio”.
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