mercoledì 7 febbraio 2018
Il presidente emerito della Consulta: parole che si dicono prima del voto. L'esperienza tedesca ce lo ricorda»
Cesare Mirabelli (Foto Gennari/Siciliani)

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«Sono dichiarazioni del giorno prima, quelle del giorno dopo si faranno guardando alla realtà dei seggi conquistati». Cesare Mirabelli non prende per oro colato il no alle larghe intese venuto in rapida sequenza da Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, potenzialmente i due principali azionisti di una Grossa Coalizione all’italiana. «Qualcosa di simile - ricorda - è già avvenuto in Germania».

Come bisogna considerare allora queste prese di posizione?

La competizione politica impone di marcare il territorio, una forza che mettesse nel programma di andare alle larghe intese ne uscirebbe penalizzata. Anche il partito socialdemocratico tedesco aveva escluso una nuova Grosse Koalition, e anche la cancelliera Merkel aveva prefigurato un asse preferenziale con i liberali, o al massimo con i Verdi. Ma poi il risultato in- soddisfacente di questi ultimi ha imposto di ripercorrere di nuovo la strada dell’intesa con l’Spd. I conti si fanno con i numeri che si hanno, non con quelli che si attende di avere.

Perché, in una democrazia parlamentare, è così disdicevole un’intesa in Parlamento?

È positivo che ci siano forze alternative a misurarsi. Ma ci possono essere situazioni in cui esse siano 'costrette' a trovare un accordo che, pur non rispettando la totalità dei programmi dell’una o dell’altra, si rende necessario per dar vita a un’ipotesi di governo, magari limitata nel tempo.

Ma in tutta Europa i venti anti-euro hanno minato il bipolarismo.

Ci troviamo in effetti di fronte a un tripolarismo, o meglio a una cometa con varie code e per di più con alleanze molto fragili. Ma di fronte alle difficoltà bisognerà essere lucidi e razionali: rinchiudersi ognuno nella sua nazione invece di risolvere, potrebbe acuire i problemi.

Ora anche Di Maio e Salvini frenano sull’uscita dall’euro.

È un prendere atto della realtà. Non si può pensare di uscire o prendere solo ciò che piace, occorre lavorare seriamente nelle istituzioni europee, essere presenti nelle decisioni rilevanti.

Le aggregazioni nate sulla spinta del Rosatellum aiutano o ostacolano la governabilità?

Anche questo lo si vedrà dopo il voto. Un primo appuntamento sarà l’elezione dei presidenti delle Camere. Bisognerà vedere che intesa si forma, chi sono gli attori, quale presidenza andrà a un polo e quale a un altro, chi resterà fuori dall’intesa. Da questo verrà già qualche indicazione, sulla quale si inserirà l’attività 'maieutica' del capo dello Stato.

Che cosa potrebbe accadere?

Come già accaduto in passato in condizioni di difficoltà, il presidente potrebbe affidare a uno dei presidenti delle Camere un’opera di ricognizione.

Un incarico esplorativo?

È un’ipotesi, che potrebbe prendere corpo se attorno a questa figura si fosse creata una convergenza politica significativa.

C’è chi dice che i parlamentari una soluzione la troveranno, per non andare a casa a pochi mesi dall’elezione...

Diciamola così: non credo che un Parlamento appena eletto voglia dimostrarsi non vitale. E d’altronde ha il dovere, per rispondere alle attese del Paese e dell’Europa che guarda con trepidazione, di cercare al suo interno una soluzione anche fosse solo di tregua o decantazione, anche magari limitata nel tempo. Ma che sia comunque autorevole, in grado di durare finché non si trovi una soluzione diversa. Nessun governo è a termine.

La soluzione può essere anche una astensione 'benevola'?

Può contribuire, anche se sarebbe una soluzione fragile. Segnalo al riguardo una modifica non insignificante nel regolamento del Senato, per cui gli astenuti non sono più calcolati ai fini del computo della maggioranza, mentre finora l’astensione a Palazzo Madama veniva computata fra i voti non favorevoli. L’astensione ora non è più di ostacolo alla formazione di una maggioranza.

L’alleanza euroscettica M5S-Lega la vede possibile?

Non vedo il 'collante'. Non so se ci siano le basi per un’intesa di tal genere, e anche se ci fosse avrebbe respiro corto.

Quanto inciderà l’astensionismo?

Un’affluenza al voto bassa darebbe meno autorevolezza al Parlamento, e certo la gestione verticistica delle candidature non aiuta a invertire la rotta.

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