venerdì 5 luglio 2013
Tra le croci degli ignoti, nel piccolo cimitero dell’isola. «Riusciamo a dare sepoltura a poche vittime rispetto alle migliaia che il mare non ci restituisce».​​ «Ascoltiamo troppo spesso racconti disperati, quando – spiega il primo cittadino dell’isola – ti descrivono come hanno visto annegare i loro bambini»​​.
Il Papa a Lampedusa scelta di giustizia​
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Non si è mai saputo nulla. Chi fosse e da dove venisse. Sull’isola, è rimasto solo qualche anziano pescatore che ancora racconta della storia di quel corpo senza vita raccolto in mare, tanti e tanti anni fa, e poi sepolto nel cimitero di Lampedusa, a Cala Pisana. La povera anonima croce di legno è lì che testimonia il passare del tempo, consumata da vento e acqua. Intanto, forse, da qualche parte, in chissà quale altro Paese straniero, ci sarà qualcuno che ancora starà versando lacrime in ricordo di quest’uomo rimasto senza identità, sconosciuto. Un migrante ignoto, forse il primo di una lunga scia di dolore e lutto che percorre il fondale di questo nostro Mediterraneo.
Le fosse più vecchie riposano all’ombra di un oleandro dai fiori bianchi, e sono una manciata di piccole croci di legno con i fiori di plastica, in fondo al cimitero. Molte di più sono le tombe recenti, alcune a fossa comune e ognuna con una lapide che racconta la storia di altri "migranti non identificati", morti annegati, morti di stenti durante la traversata. Come sta scritto su una delle lapidi poste dal Comune di Lampedusa e Linosa nel cimitero del paese su una fossa accoglie «tre uomini e due donne, di cui una in stato di gravidanza. Di loro non si conosce il nome, l’età, ne la provenienza. Qui riposano». «La morte non è che un attimo sospeso tra i mille passi di un’esistenza, ma un solo istante non può cancellare le emozioni di una vita intera». Sono le parole di una dedica lasciata da due nipotine al compianto nonno. Un pensiero d’amore per piangere i morti, una dedica che brilla a pochi passi dalle tombe dei migranti ignoti, uomini e donne che nella loro solitudine senza nome con la morte si sono portati via anche memoria della loro storia di vita e ricordi. Il Papa, tra pochi giorni, sarà a Lampedusa «per piangere i morti», ha proprio voluto sottolineare, ieri, il segretario del Pontefice, monsignor Alfred Xuereb.
«Da quando sono sindaco ho dovuto organizzare la sepoltura di 23 migranti ignoti. Alcune tombe col tempo sono state trascurate, sono brutte da vedere: è giunto il momento di pensare a una soluzione», ci racconta il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini.
Lapidi senza nomi, ma che almeno ricordano una storia, una data, la sofferenza del naufragio, la morte di esseri umani in cerca di speranza. Storie che sono un «fardello di dolore»: «Ma i morti a cui si riesce a offrire degna sepoltura sono un numero irrilevante rispetto ai numeri veri, alle migliaia di morti che il mare non ci restituisce». È una responsabilità che pesa e ferisce quella di avere a che fare con questa tragedia, soprattutto quando si deve fare quadrare i conti della morte con spazi che non esistono per una piccola isola con già tanti suoi personali problemi: «Quello che resta qui, sono le tracce del dolore e ci sono dei momenti in cui ci si sente soli senza sapere come fare. La camera mortuaria di Lampedusa ha spazio solo per due feretri. E quando te ne portano undici di migranti che cosa fai? – racconta il sindaco –. Un dramma nella tragedia. Dove metti undici corpi, in attesa del funerale? È una pietà, a vedersi». E poi ci sono anche i sopravvissuti con cui bisogna parlare, rincuorare: «Racconti disperati, quando ti descrivono come hanno visto annegare i loro familiari, i loro bambini. Ti parlano e intanto pensi al mondo là fuori che sai che di tutto questo non conosce nulla. Un mondo che si immagina che qui ci difendiamo dall’invasione dell’Africa. Ignoranza spesso mistificata dalla propaganda politica».
Per questo il sindaco di Lampedusa considera «straordinaria la visita del pontifice». E straordinari sono i lavori per accoglierlo: «Tra oggi e domani demoliremo i muri del campo sportivo. È necessario, altrimenti non riuscirà a contenere la grande massa che assisterà alla Messa», prosegue il primo cittadino delle Pelagie. «Il pontefice del resto – aggiunge – ha scelto dei luoghi simbolici: il campo sportivo che oltre ad essere vicino al "cimitero" delle "carrette" dei migranti è quel quadrato dove furono concentrati i profughi quando il centro d’accoglienza venne temporaneamente chiuso. Il campo sportivo è inoltre vicino alla sede dell’area marina protetta che nel 2011 ospitò i migranti minorenni».     Proprio l’Area marina protetta delle Pelagie donerà al Papa un piatto ricordo. I preparativi sono frenetici a Lampedusa dove gli operai comunali si stanno occupando della posa di nuovo asfalto per rattoppare tutte le buche lungo il percorso seguito dal pontefice. Pronto anche il piano della viabilità. E l’Enac informa che saranno incrementati i voli da e verso l’isola. Nessun disagio però. Anzi tanta gratitudine. «La Chiesa non deve chiedere scusa di niente. Papa Francesco – conclude Giusi Nicolini – viene proprio per questo, per levare la maschera a un dramma».
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