giovedì 13 agosto 2020
La distribuzione dei pasti alla mensa dell’Antoniano di Bologna, in una foto di archivio

La distribuzione dei pasti alla mensa dell’Antoniano di Bologna, in una foto di archivio - Antoniano Onlus

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Dai primi di luglio è partito il viaggio di “Avvenire” nella «pandemia sociale»: l’inchiesta che racconta l’emergenza economica causata dal coronavirus. Città per città, territorio per territorio, il nostro impegno porterà ai lettori la fotografia di un’Italia piegata dal Covid-19. Famiglie in difficoltà, imprese a rischio usura, vecchi e nuovi poveri aggrappati alla solidarietà dello Stato e delle molte associazioni cattoliche in prima linea.

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«Nuovi poveri» è un’espressione che proprio non piace a don Matteo Prosperini, direttore della Caritas bolognese, reduce da un faticoso lavoro di individuazione delle famiglie bisognose e di distribuzione degli aiuti, fortemente voluti dal cardinale Matteo Maria Zuppi. «In 72 giorni di lavoro abbiamo esaminato 2.236 domande ed erogato un contributo economico del valore medio di 600 euro a oltre 1.000 famiglie» racconta don Matteo, che elogia il grande sforzo dei suoi collaboratori, ma anche dei parroci che, per primi «hanno segnalato e verificato la condizione economica dei richiedenti. Non possiamo però usare delle etichette e dire che a Bologna ci sono 1.000 famiglie povere in più. Caritas è abituata a lavorare con le persone fragili e, per loro, è proseguito il sostegno anche durante l’emergenza sanitaria. Questo nuovo contributo, fortemente voluto dalla diocesi, che ha utilizzato i fondi della Faac (la grande azienda avuta in eredità dal fondatore alla sua morte, ndr) si rivolge alle persone vulnerabili».

Non è solo una sfumatura linguistica quella di don Prosperini. «Le famiglie che si sono rivolte a noi erano economicamente autosufficienti, prima della pandemia: non erano note alla Caritas, ma nemmeno ai servizi sociali». Poi la perdita di uno, o di entrambi i posti di lavoro, la malattia, i risparmi che finiscono, le spese impreviste: una storia simile per molti dei beneficiari, messi in ginocchio dalla crisi, aiutati a risollevarsi dalla mano benevola della diocesi. «A seconda della composizione del nucleo familiare abbiamo stanziato contributi dai 400 agli 800 euro: per alcuni è bastata una tranche, per altri ne erogheremo sino a tre».

Il Covid ha cambiato anche la tipologia di carità. «Mentre alle persone fragili non potremmo dare in mano una somma di denaro a cuor leggero, dunque, per loro interveniamo con i pacchi spesa o il pagamento diretto di affitti ed utenze, per le persone vulnerabili abbiamo previsto un bonifico diretto sul conto. Hanno esigenze diverse: ad esempio, un tablet ci sembrava un lusso superfluo, fino a qualche mese fa. Oggi è un bene necessario per lo studio dei figli, ma anche per non emarginare le famiglie» dice don Matteo, che ricorda come la diocesi stia erogando a queste ultime anche un contributo per la frequenza scolastica.

Secondo l’assessore al Welfare del Comune di Bologna, Giuliano Barigazzi, il Covid ha fatto emergere una nuova «geografia dei bisogni», di cui le politiche di welfare dovranno d’ora in poi tenere conto. «Lavoratori atipici, stagionali, precari, autonomi: ci sono davvero molti tipi di povertà, che dobbiamo considerare nella nostra azione», dice. «Insospettabili», dunque, magari anche con un lavoro, ma che adesso hanno bisogno di aiuto.

Se la Caritas si dedica ai "penultimi", messi in ginocchio dal Covid, ma con buone possibilità di riscatto, Antoniano Onlus, dal canto suo, continua ad occuparsi dei "fragili", degli "ultimi". Frate Giampaolo Cavalli, direttore di Antoniano Bologna, osserva che «negli ultimi mesi le persone che ci chiedono aiuto sono aumentate. Abbiamo visto volti nuovi: anziani soli, famiglie che, in questo momento, stanno attraversando una difficoltà economica». In tempi ordinari, la mensa dell’Antoniano distribuiva 120 pasti quotidiani. Ora vengono aiutate circa 20 persone in più ogni giorno, ma in piena emergenza sono state anche 50. Sono stati 390 i pacchi alimentari distribuiti alle famiglie, grazie all’aiuto di molti volontari.

Per parte sua, il Comune di Bologna ha arricchito la propria offerta di welfare tenendo aperti fino al 30 maggio i dormitori, di solito riservati al "piano freddo". Ha poi sospeso il versamento della Tari, prevedendo contribuiti per i centri estivi fino all’abbattimento totale della retta, sostenendo con incentivi gli affitti agevolati (Bologna è la città col più alto numero di "canoni concordati" in Italia) ed erogando i "buoni spesa". Per questi, sono state aggiunte risorse per 1,7 milioni di euro rispetto allo stanziamento nazionale: 12mila le domande pervenute, 11mila i voucher erogati.

Un quarto delle risorse disponibili (parliamo, in tutto, di oltre 4 milioni di euro) verrà erogato in questa fase post-emergenziale, in cui il peso della crisi economica è ancora presente. La maggior parte dei buoni è stata destinata a famiglie italiane, quasi il 60% a nuclei di uno o due componenti: a Bologna più della metà delle famiglie è composta di una sola persona.




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