lunedì 19 luglio 2010
Il messaggio del capo dello Stato, Giorgio Napolitano: «Occorre fare piena luce. Le istituzioni tutte devono collaborare». Fini: «Non fu solo mafia e Mangano non è un eroe».
- Contro la mafia, oltre i riti. Giorno per giorno di A. M. Mira
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Dopo i fischi e le contestazioni, che prima hanno preso di mira il presidente della Commissione nazionale antimafia Beppe Pisanu, poi quello del Senato Renato Schifani, ieri sera in via D’Amelio, sul ricordo della strage del giudice Borsellino, si è consumato un nuovo strappo politico all’interno del Pdl. Poco dopo le 20 il presidente della Camera, Gianfranco Fini, arriva sul luogo della strage del ’92 con una corona di fiori: partono i cori e gli insulti, "vergogna" grida la folla. Fini allora prende la parola. Per dire che Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore legato a Cosa Nostra, «non è un eroe» e che bisogna avere rispetto delle istituzioni «anche se in alcuni casi ci sono uomini nelle istituzioni che non sempre sono all’altezza del ruolo che ricoprono». Affermazioni pesanti come macigni, suggellate dall’applauso dei manifestanti, e seguite da parole ancora più significative: perché se oggi «è ancora più doveroso essere impegnati – ha detto Fini – è perché sta emergendo che in via D’Amelio non fu solo mafia». Quella che doveva essere la giornata riservata alla memoria di Paolo Borsellino e della sua scorta, a diciotto anni dal loro eccidio, si è trasformata in una bufera. Coronata dai nuovi, incisivi appelli del capo dello Stato Napolitano e del procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso sulla necessità di fare chiarezza sulle stragi, e di proseguire nelle indagini.I CORTEILa città si era alzata scossa dall’ennesimo sfregio già domenica mattina: le due statue di gesso dei giudici Falcone e Borsellino imbrattate e gettate a terra, in via Libertà, laddove erano state sistemate proprio in occasione dell’anniversario. Un gesto che tutti credevano potesse essere cancellato dal corteo delle «agende rosse», il popolo che da sempre manifesta contro la mafia tenendo in mano quel simbolo (l’agenda rossa di Borsellino sparì e non fu mai più ritrovata dopo l’esplosione), fissato per le 9 di mattina proprio di domenica in via D’Amelio. E invece no, quest’anno all’appuntamento c’erano meno di cento persone, molte non siciliane. Una delusione. Poi un mezzo sospiro di sollievo, ieri mattina e nel pomeriggio, con le altre manifestazioni organizzate sul luogo della strage, più partecipate. Anche se per qualcuno troppo frammentarie, come se la città fosse divisa e disorientata, anche nella memoria.LE POLEMICHE E I FISCHIIl resto lo ha fatto la politica, con i botta e risposta infiniti per le assenze, su tutte quella del ministro della Giustizia, Angelino Alfano: alla fiaccolata serale si è presentata, in rappresentanza dell’esecutivo, il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, mentre il Guardasigilli ha preferito organizzare al ministero, per le 18, una Messa in suffragio di Borsellino. Gesto stigmatizzato dall’Italia dei valori: «È una gravissima mancanza di rispetto per il suo ruolo istituzionale, per le vittime e per i parenti», ha tuonato il portavoce del partito, Leoluca Orlando. E ancora polemiche per la pesante contestazione al presidente della Commissione nazionale antimafia Beppe Pisanu (al suo arrivo in via D’Amelio una pioggia di fischi) e per la "rivolta" di un gruppo di manifestanti contro il presidente del Senato Schifani (le agende rosse schierate in strada per impedire il suo omaggio alle vittime).I MESSAGGIA segnare la giornata sono poi arrivati i messaggi istituzionali in memoria della strage del 19 luglio del 1992, con il riferimento forte alla necessità di continuare sulla via delle indagini. «È indispensabile sostenere le nuove indagini sulle stragi che sconvolsero l’Italia negli anni Novanta – ha scritto il presidente della Repubblica nella lettera alla vedova di Borsellino, Agnese –. Le istituzioni tutte debbono contribuire a fare piena luce su quegli episodi». Un invito ribadito dal procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, con una nota polemica: «La verità sulla strage di via D’Amelio – ha detto – è ingombrante solo per chi la teme, per chi ha paura delle conseguenze di certe indagini. Certo non per chi la cerca. Noi – ha concluso – andiamo avanti grazie alle intercettazioni e anche grazie ai collaboratori di giustizia».
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