lunedì 3 dicembre 2012
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​Il disorientamento o la fuga nel voto di protesta sono rischi tuttora presenti nell’elettorato cattolico. A due mesi dal suo rilevamento che a inizio settembre quantizzava al 43 per cento la propensione al non voto e al 14 l’orientamento per Grillo, la situazione non è cambiata, assicura Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia. E un rassemblement moderato «può aspirare al 25 per cento».Nel frattempo c’è stata Chianciano, dove l’Udc lanciò la lista per l’Italia, "Todi 2" e, ultima, la convention di Montezemolo, Riccardi e Olivero.Tutte cose valide, ma fin quando non si afferma un’iniziativa unitaria e credibile permane una forte quota di elettorato cattolico e moderato disorientata. Montezemolo ha tolto qualcosa sia all’astensione sia agli altri, ma la sua iniziativa da sola non è risolutiva. Stando ai sondaggi il Pd beneficia dell’effetto primarie. Sul versante opposto, invece…L’elettorato ha maturato un’idea bipolare e la tendenza al voto utile penalizzerebbe tante iniziative in competizione sul fronte moderato. C’è attesa per un soggetto politico nuovo, non per uno o più partiti che puntino al 5-6 per cento.Ad alimentare il disorientamento cattolico la tentazione del Pdl più vicino a Berlusconi di abbracciare un relativismo valoriale, forse ritenendolo più pagante.Può darsi che in una situazione come l’attuale, dominata da assilli economici e lavorativi, i valori assumano apparentemente rilievo minore nelle dinamiche elettorali. Questo emergeva anche dal nostro sondaggio. Ma non si può dar vita a una formazione politica duratura senza valori, senza una "visione" comune. Il fattore unificante tornerebbe a essere la figura del leader, col propellente dell’emotività.Quali sarebbero le basi, allora, per il contenitore dei moderati?Basi programmatiche, innanzitutto. Chiara continuità con l’Agenda Monti, ma anche con una "visione" che un governo tecnico non si può dare. Ma una proposta che si richiami espressamente a Monti e lo indichi come premier, se agevolata dal passo di lato dei leader attuali, può aspirare al 25 per cento.I leader non dovrebbero ri-candidarsi?Potrebbero farlo, ma senza pretese egemoniche, lasciando spazio a un vero rinnovamento. Il giudizio sull’attuale classe dirigente è durissimo. Sul centrodestra, insomma, si dovrebbe affermare un modello Renzi. La sfida non è da poco: saper abbinare il mantenimento dei conti a un’indicazione di prospettiva per il Paese, per il futuro dei nostri figli.Un Monti-politico, insomma.Appunto.Ma il Pdl, spaccato su Monti, può essere parte di questo processo? E può fare a meno di Berlusconi?Non credo che possa farne a meno, a breve, né penso che Alfano possa agire fattivamente se lui si mette di traverso cavalcando l’avversione al governo tecnico. Certo l’elettorato del Pdl, intorno al 55 per cento, è contro Monti, ma assecondare l’emotività sarebbe sbagliato, porrebbe il Pdl al di fuori di una prospettiva spendibile. Servirebbe, anche qui, il passo di lato di Berlusconi, l’immagine giusta è quella che lui stesso ha evocato, dell’allenatore. I suoi consensi sono scesi in un paio di anni dal 55 al 20, mentre Alfano ha ancora un 35 per cento a dargli fiducia.Non crede che l’area Alfano e il contenitore moderato sono destinati a incontrarsi?Un nuovo partito moderato, al di là del 25 per cento di cui parlavo, avrebbe anche un effetto centripeto. È un processo a più riprese che potrebbe compiersi dopo il voto. Quando, dovesse manifestarsi la necessità di una grande coalizione sul modello tedesco, si realizzerà la convergenza di una parte dell’attuale Pdl su questa prospettiva.La legge elettorale può allentare la spinta dell’antipolitica?Non è un tema percepito come decisiva. Gli argomenti che fanno presa sono altri: i costi della politica, i vitalizi, il numero dei parlamentari, il rinnovamento della classe dirigente.
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