sabato 12 novembre 2022
La deputata ed ex vicepresidente dell’Emilia Romagna: «Aderisco alla fase costituente perché serve una nuova classe dirigente»
Elly Schlein parteciperà al congresso Pd

Ansa

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Con estrema prudenza, Elly Schlein si affaccia alla porta del Congresso Pd e si guarda intorno. Quel nome nuovo, di donna, che romperebbe gli schemi ormai ammuffiti che tanto male hanno fatto al Partito democratico negli ultimi anni piace molto a Enrico Letta e potrebbe trovare convergenze in Dario Franceschini e in una parte della sinistra. Ma la ex vicepresidente dell’Emilia Romagna, neodeputata che del Pd non ha ancora neanche la tessera, prende tempo, proprio per evitare zavorre. E in diretta su Instagram spiega di aderire alla fase costituente, con l’auspicio che «possa prendere ampio spazio una nuova classe dirigente».
Un percorso che vede sullo stesso nastro di partenza anche Stefano Bonaccini e Dario Nardella, entrambi poco propensi a ufficializzare la corsa, proprio per la difficoltà di scrollarsi di dosso le correnti, che fino ad oggi hanno mandato avanti (e a volte anche indietro) la vita del Pd. Il sindaco di Firenze si starebbe attrezzando per crearsi da solo una base, fatta di sindaci e realtà locali, con cui sta organizzando una iniziativa «sui temi della sinistra». Un modo, appunto, per scongiurare eventuali endorsement della vecchia guardia.

Così pure Schlein si smarca: «È incredibile come in questo Paese ancora si faccia fatica a pensare che una donna si possa fare strada senza un uomo che la spinga da dietro. Se sono sopravvissuta in questi anni in politica è perché ho rifiutato logiche di cooptazione», motivo per cui non le accetterà ora, incalza.

Da Schlein, comunque, qualche “indizio” di programma è arrivato. Come indicazioni sulle alleanze. «Serve uno sforzo di tutti coloro che sognano di costruire un’alternativa progressista a incontrarsi su un terreno di battaglie condivise», dice.
La sinistra apprezza il riferimento alla questione sociale ed economica, ma è da fuori del Nazareno che arrivano i primi consensi espliciti: Mattia Santori, leader delle Sardine parla di «un toccasana per l’intero processo di rigenerazione e una garanzia per tutti quelli che aspettavano sull’uscio».

Non esclude per ora un sostegno, ma neanche lo conferma, invece, Dario Franceschini. «Non ne abbiamo ancora discusso, non sappiamo ancora chi saranno i candidati», dice assicurando che « ragioneremo su tutto». Dall’area di Orlando, invece, resta forte la delusione per lo strappo con i 5 stelle. A riunire la sinistra con Conte e D’Alema è stato ancora una volta Goffredo Bettini. Alla presentazione del suo libro, il consigliere di Zingaretti ammette che «dentro il partito ci sono due punti di vista sul mondo. C’è una visione apologetica dello sviluppo così com’è e dall’altra c’è invece un’azione critica».

Perciò al di là dei nomi, insiste perché non ci si accontenti di «un congresso reticente, che mette d’accordo su generiche linee valoriali e rimanda una discussione sulle scelte da compiere qui e ora». Senza accorciare il dibattito, concorda Orlando. «Non dobbiamo lamentarci delle opa ostili del M5s e del Terzo polo - ragiona - ma discutere su come reagire, e il modo efficace è scoprire una radicalità sul terreno della questione sociale».
Parole su cui si trova con il leader 5s, che ribalta la questione delle alleanze: «Si è preferito scegliere l’interprete già designato da Calenda, ma il M5s ha faticato troppo per risalire nel consenso, non possiamo perdere l’anima», dice, certo che oggi sia lui il riferimento dei progressisti.

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