venerdì 15 febbraio 2019
I progressi della medicina in Occidente allungano la vita, ma aumentano il numero di cronici - che costano 67 miliardi al Servizio sanitario - più numerosi tra le donne, al Sud e tra i meno istruiti
Crescono cronicità e spesa sanitaria. Differenze di genere e territorio
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Le patologie croniche sono in costante aumento in Italia. E questo porta a un aumento della spesa per il Servizio sanitario nazionale. Ma le conicità non colpiscono tutti allo stesso modo: confermate le disuguaglianze di genere, territorio, livello culturale e socio economico. Le donne, gli abitanti del Sud, e i cittadini con titoli di studio inferiori sono le categorie più a rischio. E nei prossimi anni, l'Italia più di altri Paesi, dovrà fare i conti con l’aumento di queste patologie. Sono questi gli aspetti più rilevanti del fenomeno cronicità in Italia, evidenziati dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane - che ha sede a Roma presso l’Università Cattolica - e offre un quadro sulla prevalenza di questo fenomeno e sullo scenario futuro che si prospetterà nel nostro Paese nei prossimi 10 anni.

Le malattie croniche l’anno scorso hanno interessato quasi il 40% della popolazione del Belpaese, cioè 24 milioni di italiani dei quali 12,5 milioni hanno multi-cronicità. Le proiezioni della cronicità indicano che nel 2028 il numero di malati cronici salirà a 25 milioni, mentre i multi-cronici saranno 14 milioni. La patologia cronica più frequente sarà l’ipertensione, con quasi 12 milioni di persone affette nel 2028, mentre l’artrosi/artrite interesserà 11 milioni di italiani; per entrambe le patologie ci si attende 1 milione di malati in più rispetto al 2017. Tra 10 anni le persone affette da osteoporosi, invece, saranno 5,3 milioni, 500 mila in più rispetto al 2017. Inoltre, gli italiani affetti da diabete saranno 3,6 milioni, mentre i malati di cuore 2,7 milioni.

Le patologie croniche sono destinate a crescere

Le previsioni sulla cronicità per fasce di popolazione indicano che nel 2028, nella classe di età 45-74 anni gli ipertesi saranno 7 milioni, quelli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. Tra gli italiani ultra 75enni poi, 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache. Il problema della cronicità rappresenta una sfida molto importante per il futuro di tutte le popolazioni mondiali poiché, come dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), le malattie croniche sono «problemi di salute che richiedono un trattamento continuo durante un periodo di tempo da anni a decadi» e richiederanno l’impegno di circa il 70-80% delle risorse sanitarie a livello mondiale. L’aumento delle cronicità è connessa a differenti fattori: l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della sopravvivenza, dovuti al miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie, al mutamento delle condizioni economiche e sociali, agli stili di vita, all’ambiente e alle nuove terapie.

L'aumento delle cronicità segno dei progressi della medicina

Paradossalmente, «l’aumento delle cronicità è anche un segno del successo del Servizio sanitario nazionale, come testimonia il tasso di mortalità precoce diminuito di circa il 20% negli ultimi 12 anni, passando da un valore di circa 290 a circa 230 per 10.000 persone» spiega il dottor Alessandro Solipaca, Direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, diretto dal professor Walter Ricciardi, che è ordinario di Igiene all’Università Cattolica. E nel prossimo decennio la spesa per le cronicità salirà fino a 71 miliardi di euro, dagli attuali 66,7 miliardi.

Quanto costa l'anno un paziente cronico al Servizio sanitario

Dal lato dell’assistenza primaria, i dati raccolti dai medici di medicina generale riferiscono che mediamente in un anno si spendono 1.500 euro per un paziente con uno scompenso cardiaco congestizio, in ragione del fatto che questi pazienti assorbono il 5,6% delle prescrizioni farmaceutiche a carico del Servisio sanitario, il 4% delle richieste di visite specialistiche e il 4,1% per le prescrizioni di accertamenti diagnostici. Circa 1.400 euro annui per il paziente affetto da malattie ischemiche del cuore, destinatario del 16% delle prescrizioni farmaceutiche, del 10,6% delle richieste di visite specialistiche e del 10,1% degli accertamenti diagnostici. Quasi 1.300 vengono spesi per un paziente affetto da diabete tipo 2, mentre un paziente affetto da osteoporosi costa circa 900 euro annui, e 864 un paziente con ipertensione arteriosa.


La Cronicità non è uguale per tutti: genere, territorio, età, istruzione

Il quadro sulla cronicità ha nel nostro Paese una spiccata connotazione sociale, con significative differenze di genere, territoriali e di condizione socio-economica. Le donne sono più frequentemente affette da patologie croniche, il 42,6% delle donne vs il 37,0% degli uomini, divario che aumenta per la multicronicità che affligge quasi un quarto delle donne vs il 17,0% degli uomini. Si tratta di differenze in parte dovute alla struttura per età che, come è noto, è più anziana nelle donne. Particolarmente elevati i divari, a svantaggio delle donne, per l’artrosi/artrite e l’osteoporosi, di cui soffrono, rispettivamente, il 20,9% e il 13,2% delle donne vs l’11,1% e il 2,3% degli uomini.

Le differenze di genere si acuiscono con l’età, nel periodo adulto della vita (45-54 anni) si inverte il divario rispetto all’ipertensione a svantaggio degli uomini (14,1% tra gli uomini, 11,4% tra le donne), crescono le differenze a svantaggio delle donne rispetto alle artrosi/artrite (7,5% tra gli uomini, 12,7% tra le donne), all’osteoporosi (0,9% tra gli uomini, 4,9% tra le donne) e alle malattie allergiche (10,7% tra gli uomini, 13,0% tra le donne). Nella classe di età più anziana (65-74 anni) il divario cresce ancora, le donne sono molto più frequentemente multicroniche (42,6% tra gli uomini, 54,4% tra le donne), con problemi di osteoporosi (5,2% tra gli uomini, 31,2% tra le donne) e di artrosi/artriti (27,8% tra gli uomini, 48,3% tra le donne); lo svantaggio di genere per gli uomini cresce rispetto al diabete (17,6% tra gli uomini, 12,5% tra le donne) e alle malattie del cuore (14,4% tra gli uomini, 5,4% tra le donne) (cfr. Tavola 7).

Patologie croniche per Regione: prima la Calabria, ultima Bolzano

La prevalenza più elevata di almeno una malattia cronica si registra in Liguria con il 45,1% della popolazione.
In Calabria si registra la quota più elevata di malati di diabete, ipertensione e disturbi nervosi, rispettivamente 8,2%, 20,9% e 7,0% della popolazione. Il Molise si caratterizza per la prevalenza maggiore di malati di cuore, il 5,6% della popolazione, la Liguria per quella più elevata di malati di artrosi/artriti, il 22,6%, la Sardegna per la quota maggiore di malati di osteoporosi, il 10,4%, infine la Basilicata spicca per la prevalenza più alta di malati di ulcera gastrica o duodenale e bronchite cronica, 4,5% e 7,7% rispettivamente. La provincia autonoma di Bolzano presenta la prevalenza più bassa di cronicità per tutte le patologie considerate.

I titoli di studio prevengono abbassano il rischio di cronicità

Nel nostro Paese il livello culturale ha un effetto significativo sul rischio di cronicità. I dati dell’Istat evidenziano, infatti, che le persone con livello di istruzione più basso soffrono molto più frequentemente di patologie croniche rispetto al resto della popolazione, con un divario crescente all’aumentare del titolo di studio conseguito. Nel 2017, nella classe di età 45-64 anni, quella in cui insorge la maggior parte della cronicità, la percentuale di persone con la licenza elementare o nessun titolo di studio che è affetta da almeno una patologia cronica è pari al 56,0%, scende al 46,1% tra coloro che hanno un diploma e al 41,3% tra quelli che possiedono almeno una laurea. L’artrosi/artrite, l’ipertensione e il diabete sono le patologie per le quali si riscontrano i divari sociali maggiori, con riferimento ai titolo di studi estremi, le differenze ammontano, rispettivamente, a 13,1, 12,5 e 7,4 punti percentuali a svantaggio dei meno istruiti. Differenze anche rispetto alle professioni. Più colpiti da patologie croniche sono i disoccupati e gli autonomi.

Costi in aumento, quali saranno le strategie del Servizio sanitario

Di fronte all’allarmante prospettiva di un aumento della domanda di salute, il Servizio sanitario sta ponendo le basi di nuovi modelli organizzativi, centrati sulle cure territoriali e domiciliari, integrate, delegando all’assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie. «Il quadro che si sta prospettando impone, oltre che un nuovo approccio sistemico per l’assistenza ai malati cronici, un cambio di passo delle politiche di prevenzione», afferma il professor Walter Ricciardi, attraverso la promozione di stili di vita salutari e di prevenzione di secondo livello, cioè analisi periodiche per diagnosi precoci.


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