venerdì 23 novembre 2018
I resti ritrovati non appartengono quindi a Emanuela Orlandi. La quindicenne figlia del dipendente del Vaticano e la sua coetanea Mirella Gregori scomparvero, infatti, nel 1983.
Polizia davanti all'ingresso della Nunziatura apostolica in via Po a Roma (Ansa)

Polizia davanti all'ingresso della Nunziatura apostolica in via Po a Roma (Ansa)

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Le prime risposte arrivate dalle analisi di laboratorio mettono alcuni punti fermi. I resti trovati il 30 ottobre sotto un pavimento in rifacimento nell’edificio adiacente la Nunziatura Apostolica in Italia, in via Po a Roma, appartengono a un uomo e sono riferibili a un periodo antecedente al 1964. Ma il Dna estratto sinora è risultato «degradato» e, dunque, non permette comparazioni. Sono questi i risultati a cui la Polizia scientifica di Roma e il laboratorio universitario Circe di Caserta sono arrivati dopo un’attenta pulitura di un centinaio di frammenti – appartenenti molto probabilmente a due persone – e, soprattutto, analizzando parti di un braccio e di un femore dello scheletro rinvenuto quasi completo che sembravano meglio conservati.

E proprio il codice genetico estratto da un osso del bacino, amplificando i componenti del cromosoma Y, ha fatto arrivare la prima certezza: quello scheletro appartiene a una persona di sesso maschile. Poi, attraverso l’esame del carbonio 14 e a quello che gli esperti definiscono "bomb effect" si è potuto posizionare quei resti umani nella linea temporale prima del 1963, una data spartiacque. In quell’anno, infatti, venne sancito il divieto di effettuare test nucleari nell’atmosfera, i quali alterano drasticamente (alle volte anche raddoppiandola) la presenza di carbonio su ossa o qualsiasi altro campione organico rinvenuto. Ed è dai livelli riscontrati nella calotta cranica che si è potuto riferirli a prima di quel periodo. Ma gli esami non si fermeranno qui, visto che l’obiettivo è appunto arrivare a una datazione certa per quelle ossa e magari anche ad un nome anche se, come assicura il direttore tecnico capo biologo della Polizia scientifica di Roma Daniela Scimmi, «ora sarà l’autorità giudiziaria a disporre eventuali ulteriori accertamenti».

Una volta stabilita la data precisa del decesso, infatti, sarà possibile allargare le indagini a chi viveva in quel momento a Villa Giorgina, che prima di essere sede dal 1959 della Nunziatura apostolica era abitata da privati cittadini. In questi giorni – scende nel dettaglio Scimmi – si è lavorato «sui resti della zona A, quelli dove è stato ritrovato uno scheletro quasi completo», non su quelli sepolti in un altro punto dello stesso sito, «nella zona B, decisamente meno numerosi e più frammentari, anche perché inglobati in cemento e laterizi». Ma anche le ossa analizzate, conclude, «si sono rivelate più deteriorate di quanto appariva a un primo esame visivo». Ma già i primi risultati dei test escludono di fatto il legame tra i resti e il caso di Emanuela Orlandi o Mirella Gregori, le due adolescenti scomparse in circostanze misteriose a pochi mesi di distanza nel 1983, che suggestioni giornalistiche più che evidenze scientifiche fin dall’inizio della vicenda avevano collegato a questo ritrovamento.

E nel giorno in cui emergono le prime prove, sono proprio i parenti di quelle due giovani a essere cauti e a chiedere di aspettare la fine di tutti gli esami prima di giungere a conclusioni. I primi risultati sono un tassello «importante» ma non definitivo, commenta il genetista Giorgio Portera consulente della famiglia Orlandi, perciò è bene «aspettare gli esiti definitivi e la possibilità di poter accedere ai dati tecnici». Si aggrappa invece alla speranza di vedere Emanuela ancora in vita il fratello Pietro Orlandi; lui infatti sarebbe «contento di sapere che quelle ossa non sono di Emanuela perché, in caso contrario, questo indicherebbe con certezza la sua morte». Comunque in ogni modo, «di chiunque siano – prosegue – andrà chiarito perché erano sepolte lì, a pochi centimetri sotto il pavimento della Nunziatura».

Un punto su cui chiede di far luce anche la sorella di Mirella, l’altra ragazza scomparsa nel 1983 a Roma. «Aspettiamo gli esiti definitivi degli esami sulle ossa», mette le mani avanti così Maria Antonietta Gregori, poi «chiederemo un’analisi anche al nostro genetista, che lavorerà probabilmente in parallelo con quello della famiglia Orlandi». Resta il fatto comunque, dice, che «non si sa di chi siano e come siano finite quelle ossa in quel luogo». Tuttavia il desiderio della famiglia, comunque vada a finire questa vicenda, «è che non si spengano i riflettori anche sulla scomparsa di Mirella».

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