lunedì 14 ottobre 2013
Il ministro Orlando: negli ultimi 50 anni in Italia cementificata un’area grande come la Calabria Subito una legge per fermare il dissesto e promuovere l’agricoltura.
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Caro direttore, nel suo commento pubblicato il 10 ottobre sull’Avvenire l’ottimo Antonio Mira riportava una frase di Roberto Padrin, sindaco di Longarone: «Il Vajont non ci ha insegnato niente». Parole dure, sferzanti che mi hanno personalmente molto colpito. Un mese fa sono stato nei luoghi di quel disastro, non ci ero mai stato prima anche se conoscevo bene la storia di quella tragedia. La vita ha voluto che ci arrivassi ricoprendo un ruolo istituzionale e dunque ho cercato di onorare fino in fondo la memoria di quelle 1.910 vite sommerse e spazzate via, di quei paesi distrutti e abbandonati. Ci sono momenti in cui lo Stato e chi lo rappresenta hanno il dovere di assumersi la più difficile delle responsabilità: chiedere scusa. È quello che ho reputato giusto dire al Vajont lo scorso 15 settembre ed è quello che ho ripetuto nell’aula del Senato tre giorni fa. La memoria è esigente, deve esserlo. La causa di quella devastazione non fu l’incuria, fu l’uomo, le sue colpe, le sue complicità. Evitare il ripetersi di quegli errori è oggi un dovere di tutta la classe politica. Il sindaco Padrin ha ragione da vendere. La grande questione della difesa del suolo e della sicurezza idrogeologica si pone addirittura con maggiore acutezza rispetto a mezzo secolo fa. È una vera e propria emergenza nazionale: 5.581 comuni italiani ricadono in aree classificate a potenziale rischio più alto. Le conseguenze del dissesto idrogeologico non sono solo sociali, economiche e ambientali ma, oggi come allora, il rischio di eventi catastrofici ci espone a troppi conti quotidiani con inaccettabili perdite di vite umane. Credo sia ora di dire basta. È per questo che da quando ho assunto la responsabilità di ministro dell’Ambiente sto dedicando un impegno incessante a sensibilizzare l’opinione pubblica su alcune proposte che credo possano essere utili a mitigare almeno in parte la comprensibile sfiducia del sindaco di Longarone. Con l’appoggio di tutto il governo ho promosso un disegno di legge per il contenimento del consumo del suolo. Negli ultimi cinquant’anni in Italia è stata cementificata un’area pari all’intera Regione Calabria. Noi vorremmo combattere questo consumo, valorizzare il terreno non edificato, promuovere l’attività agricola che sullo stesso si svolge o potrebbe svolgersi, per puntare alla valorizzazione del suolo come risorsa da tutelare anche e soprattutto in un’ottica di prevenzione del rischio idrogeologico. Il Ddl aspetta il parere della Conferenza unificata e mi auguro che le Regioni non vogliano porre ostacoli perché considero questa legge un’assoluta priorità. Ma per quanto benefici, gli effetti di una normativa seppur a costo zero non sono sufficienti. Per riparare i danni causati da territori malcurati e spesso violentati come sono molte aree italiane servirebbero tantissime risorse. Il fabbisogno complessivo dei Piani di assetto idrogeologico, come ricordava giustamente Mira nel suo pezzo, ammonta per capirci a circa 40 miliardi di euro, di cui 11 sarebbero necessari per le misure più urgenti. Sono tanti soldi. E purtroppo non ci sono.
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