domenica 4 settembre 2016
​Reportage da Cittareale (Rieti). Una giornata con i giovani che aiutano gli irriducibili. Tra di loro anche profughi.
Lo sciame sismico continua. Riaperto ponte
Sisma, i volontari tra chi non va in tendopoli
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I confini dell’alta valle del Velino, sulla mappa, sono evidenziati in verde. E al suo interno ogni lembo di terra abitato, anche da pochi edifici rurali, è stato segnato in rosso. Una squadra da quattro per zona, per bussare ad ogni porta che incontrano e scendere fino ai casolari più sperduti nei campi, che le famiglie si rifiutano di abbandonare insieme agli animali. «Questo va portato in fretta a Gino, sta oltre Macchia, è l’unica casa che trovi dopo il paese». Poi pane e latte a Retrosi, pasta e pelati a case sparse di Terracino, dentifricio e vestiti a Cossito...Ore 10: sta per partire l’ennesimo giro della mattinata, dopo che uno ad uno i referenti delle 84 frazioni di Amatrice e Accumoli vengono contattati per chiedere le ultime necessità. Poi tra gli scaffali, da poco catalogati, a mettere tutto nelle scatole o negli zaini per portarlo, persino in moto o con i trattori, ai tanti piccoli terremotati dei campi spontanei, agli 'irriducibili' che si ostinano a rimanere a guardia delle loro proprietà. Centro di smistamento di Cittareale, ovvero un capannone nella parte bassa del paese a cui ora sono state aggiunte due ali provvisorie per poter contenere la generosità degli italiani. Qui viene gestita la solidarietà, arrivata utilizzando principalmente i social network, da trenta ragazzi di Cittareale e da una ventina dei borghi più a valle, Posta e Leonessa. Adesso che a supporto, da alcuni giorni, ci sono i volontari dell’associazione nazionale vigili del fuoco in congedo, il loro compito è tutt’altro che finito. Come pure quello dei quattro richiedenti asilo dello Sprar che sono rimasti qui ad aiutare. «Due anni fa questo Comune ci ha dato una casa – dicono –. Perciò, per ringraziare queste persone, vogliamo lavorare con loro e per loro». «Siamo riusciti in poche ore ad arrivare lì dove non c’erano soccorsi e adesso, dopo una settimana, dagli abitanti che non vogliono andare in tendopoli». Marco Margarita non riesce a farsi la barba da una settimana. Da abitante di Cittareale sa che, se il suo paese non ha quasi avuto danni lo deve a Costa Pietra, la montagna rocciosa ai piedi della quale è sorto il Comune che dista solo quattro chilometri  dell’epicentro del sisma. «Lei ci ha salvato – aggiunge Giorgia Cococcioni – perché il materiale di cui è fatta ha attutito le onde. Perciò siccome siamo gente 'graziata', non potevamo che darci da fare». Insieme, tra gli altri, a Elena, Valerio, Eleonora, Luca hanno rischiato davvero la vita per raggiungere i loro conterranei nelle prime ore, scavando con le mani per salvarli. E adesso, che i più esperti vigili del fuoco si stanno occupando delle macerie, loro si preoccupano di «dare tutto il necessario alle persone».I viveri passano di mano in mano nella catena umana creata per svuotare il furgone appena arrivato da Roma – tutti i sindaci della Sabina, gli ultras di Roma e Lazio, insieme a molte aziende della Capitale hanno donato letteralmente montagne di beni – adesso che la tensione delle prime ore si è allentata, si riesce anche a scherzare un po’ lanciandosi i palloni arrivati per i bambini. Gli abitanti della zona hanno magliette verdi, i pompieri in congedo bordeaux e i richiedenti asilo del progetto Sprar arancione. Un mosaico di colori che mette allegria. Ramase, un curdo di 34 anni, è addetto a pulire gli scaffali. «Perché sei rimasto?», la domanda. «Qui abbiamo imparato a lavorare, stiamo bene – la replica –. Perché andar via?». Con lui ci sono Samilla di 18 anni, Tarikula di 26 e Husainkhil di 32. Vengono dall’Afghanistan e sono nel Reatino da dieci mesi. «Andavamo ad Amatrice a scuola di italiano – dice il più giovane – speriamo di ricominciare presto». Intanto si rimbocca le maniche per aiutare una terra, che «tanto mi ricorda il mio villaggio, Shantop». Non a caso hanno scelto le piccole cittadine, dove «tutti si conoscono e hanno voglia di conoscere anche noi stranieri ». A Cittareale si sono così sentiti sin da subito a casa: «Tutti ci vogliono bene, ci aiutano – aggiunge Tarikula, mentre trasporta i giunti per terminare il ponteggio –. Perché andar via ora che possiamo far parte davvero di questa famiglia?».Ognuno, dall’inizio, si è messo a fare ciò che sapeva far meglio. Il fabbro del paese monta le impalcature, l’autista dell’autobus va a fare le consegne. E anche le ragazze più mingherline non si tirano indietro se debbono spostare bancali e scatoloni. «Centro smistamento Cittareale, dica», la risposta ad ogni telefonata di Eleonora Rossetti, che in questo momento si occupa del cellulare. «Perderei lucidità ad andare in mezzo alle macerie – ammette – e così aiuto a organizzare all’interno del centro». Prende appunti dei bisogni e chiede come si può raggiungere in fretta la frazione Sant’Angelo, ora che le strade sono state chiuse per i continui crolli. Debora Santoni, la responsabile del centro dal 30 agosto coordinato dell’Associazione nazionale vigili del fuoco in congedo, passa ore e ore al telefono per sbrigare tutti gli adempimenti. E per fare in modo che «la straordinaria buona volontà di questi giovani possa essere sempre più efficiente ». Nel centro tutti la chiamano mamma, ma lei si mette a ridere: «Abbiamo fatto da subito semplicemente squadra. Anche se voglio già bene a tutti come fossero miei figli».
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