domenica 26 agosto 2012
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Monti: quattro mesi per completare il lavoro E muove Catricalà: ora i 350 decreti attuativi Affastellate una sull’altra, le dichiarazioni fred­dissime dei leader di partito e dei sindacati sul piano-crescita producono in Mario Monti un misto di stupore e rammarico. Che culmina in uno sfogo, confidato ai ministri sentiti ieri dal ritiro mila­nese (ieri sera il premier ha partecipato anche alla se­rata inaugurale dello Stresa festival, kermesse inter­nazionale di musica classica): «Da questo momento in poi noi siamo dei sopportati, non più dei supporta­ti. Da qui al voto le tensioni cresceranno, ma noi dob­biamo tenere duro e realizzare quanto ci siamo pre­fissati ». Sperava, il premier, che la politica e le parti sociali ri­conoscessero che quanto messo in cantiere dal Cdm di venerdì fosse il massimo possibile data la situazio­ne finanziaria e la congiuntura internazionale. E che i distinguo legati all’incombente campagna elettora­le fossero smorzati almeno sino a dicembre. Così non è, a sentire le prime reazioni, e al governo non resta che prendere atto dei fatti: anche se il ritardato ac­cordo sulla legge elettorale impedisce ogni velleità di voto anticipato (a questo proposito Berlusconi nelle ultime ore avrebbe recapitato un netto «no» a Bersa­ni sull’ultima bozza in circolazione), in questo clima gelido i mesi realmente a disposizione per completa­re l’agenda sono solo quattro.Il 23 dicembre, termine ultimo per licenziare la legge di stabilità, suonerà co­me un "tana liberi tutti". Perciò, a margine della riunione di esecutivo dell’al­troieri, Monti ha convocato nel suo ufficio Antonio Catricalà e Corrado Passera affidando loro un com­pito delicato: garantire non solo che l’agenda per la cre­scita si traduca in provvedimenti settimana dopo set­timana (nei prossimi giorni dovrebbe arrivare a Pa­lazzo Chigi il crono-programma dei singoli ministe­ri), ma che vengano attuati i provvedimenti già vara­ti nei mesi scorsi.Ieri il Sole-24 ore ha fatto un conto che dice tutto: dei 398 regolamenti e decreti attuativi che dovrebbero trasformare in realtà liberalizzazioni, semplificazioni e tagli ne sono stati realizzati appena 40. Ne mancano all’appello 358. «Così non va», è il monito del premier. Se i dicasteri non si sbrigheran­no, sarà il sottosegretario - in team con i capi di ga­binetto dei dicasteri - a centralizzare l’operazione. Non lasciare nulla d’inattuato per Monti è il modo migliore per rispondere alle richieste di «concretez­za » che vengono dai partiti. Anche se la voglia di u­na esplicita risposta verbale, ieri sera, era trattenu­ta a stento. «Abbiamo fatto più riforme noi in un anno che la precedente classe dirigente in venti», dice stizzito un ministro. Ma i dossier in ballo sug­geriscono di non alzare polveroni e attendere la prossima settimana per chiarimenti diretti con Alfano-Berlusconi, Ber­sani e Casini. Il motivo è intuibile: serve un forte sostegno del Parlamento per tro­vare i 6 miliardi e mezzo necessari ad evitare l’aumento Iva, per allargare gli obiettivi della ' spending review 2' e far fronte alle cre­scenti ricadute della crisi sull’econo­mia reale (leggasi cassa integrazione), per rispettare la scadenza improroga­bile della Legge di stabilità, per rag­giungere una mediazione su giusti­zia civile, anti-corruzione e inter­cettazioni che soddisfi le attese dell’Unione europea. (M.Ias.)
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