venerdì 14 febbraio 2020
Sostanze inquinanti fino a 40mila volte la norma da Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria. Operazione Arsenico, sequestri e misure cautelari
Un controllo a un depuratore

Un controllo a un depuratore - Archivio Ansa

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Stupefatto anche il capo della Procura: «Un impianto per la depurazione dei reflui industriale, invece di depurare gettava questa roba nel fiume Mucone. Veleno allo stato puro». Questa roba sarebbe azoto ammoniacale, mercurio, ferro, boro, zinco, arsenico, cromo, nichel e idrocarburi ed Escherichia coli, trovati nell'acqua fluviale (grazie a 102 prelievi) con valori fino a 40mila volte il limite consentito. Col risultato d'aver causato «la compromissione e il deterioramento delle acque e del relativo ecosistema».

Così i Carabinieri forestali di Cosenza e la Compagnia Carabinieri di Rende stamane hanno fatto scattare l'"Operazione arsenico", coordinati dalla Procura di Cosenza, sequestrando il depuratore di Bisignano e l'impianto di trattamento rifiuti ed emettendo misure cautelari nei confronti dei due responsabili della società di gestione dell'impianto, amministratore delegato e direttore, che ai dodici dipendenti (anche questi indagati) avevano dato ordine di sversare nel fiume, senza alcun trattamento, rifiuti provenienti da siti industriali in Campania, Basilicata, Puglia, Sicilia e Calabria. Un gioco messo in piedi utilizzando solo nelle ore notturne una condotta di bypass.

«L'indagine ha dimostrato - ha detto il Procuratore, Mario Spagnuolo - che abbiamo interrotto un inquinamento assolutamente grave e importante». Tanto che adesso «occorre fare verifiche di tipo ambientale e amministrativo» e anche »dotarsi degli strumenti normativi e fare indagini epidemiologiche per vedere l'incidenza sulla salute dei cittadini». E ancora: «Stiamo parlando del più grosso depuratore industriale del Meridione d'Italia, che ha contratti per milioni e milioni di euro con una serie di siti industriali dove si producono rifiuti pericolosi che devono essere smaltiti».

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