sabato 1 dicembre 2018
Dominava il territorio: 30 arresti. Violenza, omertà e intimidazioni: nel mirino anche vertici e tecnico della squadra
Foggia, decapitata la "nuova mafia"
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Decapitata la mafia di Foggia. Un clan sempre più feroce, spietato e aggressivo, in grado di mettere sotto scacco il territorio della Capitanata. L’imponente maxi operazione effettuata da polizia e carabinieri, partita dalle indagini della Dda di Bari, ha portato all’arresto di 30 presunti affiliati dei clan Moretti-Pellegrino-Lanza e Sinesi-Francavilla.

Le mani della "piovra" avevano imprigionato parte della città e della provincia: un dominio incontrastato attraverso le estorsioni realizzate a tappeto nei confronti di tutti gli operatori economici, dagli imprenditori edili e titolari di esercizi commerciali fino ad arrivare alle agenzie funebri e ai gestori di slot machine. Il racket imponeva il pizzo ricorrendo anche a metodi violenti perché tutti dovevano sottostare alla dura "legge" del taglieggiamento. Le accuse ipotizzate dalla Dda di Bari sono, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, tentato omicidio, estorsioni e armi. «Gli esponenti della "Società foggiana" – secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti – nello svolgimento dell’attività estorsiva per conto del sodalizio mafioso, disponevano di una famigerata "lista delle estorsioni" in cui venivano riportati i nomi degli imprenditori foggiani che sistematicamente pagavano il pizzo».

Vittime dei ricatti erano soprattutto i costruttori edili («Se non stai vendendo – avvertivano i clan – tu neanche costruisci. Comunque ho detto, a noi non ce ne frega niente...ci devono pagare tutti quanti, tutti i costruttori»). Anche le sale scommesse erano finite nel mirino della criminalità organizzata foggiana, diventata così potente da riuscire ad inquinare tutti i gangli vitali della vita sociale, economica e amministrativa del territorio. Nel mondo delle corse dei cavalli, ad esempio, corrompevano i fantini con 600 euro «per non piazzarsi» e far «vincere il fantino di volta in volta individuato». I tentacoli del malaffare hanno raggiunto negli anni scorsi persino il Foggia Calcio. Alcuni affiliati del clan avrebbero esercitato presunte pressioni su dirigenti e su un ex allenatore del club rossonero per ingaggiare un calciatore foggiano. Questi ultimi, «lungi da denunciare, come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, hanno preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste formulate» si dice negli atti. Malavitosi senza scrupoli che spesso non esitavano ad imbracciare le armi lasciando speso una scia di sangue nella guerra aperta tra i clan rivali per avere il predominio del territorio e dei traffici illeciti, come il mercato della droga.

Nel registro degli indagati, da quanto emerso durante le indagini partite nei primi mesi del 2017, ci sarebbe il nome di Rodolfo Bruno, il pluripregiudicato foggiano ucciso lo scorso 15 novembre all’interno di un bar alla periferia della città. Esecuzioni feroci e agguati di stampo mafioso a cui spesso hanno assistito inermi i bambini, come quello del 6 settembre 2016 ai danni del presunto boss Roberto Sinesi in cui rimase ferito ad una spalla il nipote mentre era in auto con il nonno. I "killer feroci" della mafia sparavano nonostante la presenza di minori. «La forza della "Società foggiana" – hanno sottolineato gli investigatori – emerge anche dalla volontà di colpire le forze dell’ordine impegnate ad assicurare il rispetto delle leggi». I sicari erano pronti ad uccidere un ispettore capo presso la squadra mobile di Foggia. Un’organizzazione criminale efferata e potente che riusciva ad imporsi facendo leva sull’omertà assoluta. Sono stati in pochi coloro che hanno avuto il coraggio di denunciare gli episodi di estorsione di cui sono rimasti vittime. È quanto scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, «a ulteriore conferma della totale soggezione di larghe fasce della popolazione, indotte a subire silenziosamente i torti e le angherie poste in essere da coloro che agiscono nel contesto criminale».

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