martedì 27 novembre 2018
A un muratore assunto in nero fu chiesto di non denunciare un infortunio. Il caso sollevato da Le Iene. Il vicepremier prende le distanze. Matteo Renzi: «Ora si scusi con me»
Antonio Di Maio, padre del vicepremier (Ansa)

Antonio Di Maio, padre del vicepremier (Ansa)

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Padri, figli e figliastri. Esplode la polemica sulla disparità di trattamento nella regola evangelica di non far cadere sui figli le colpe dei padri. La nuova 'colpa' del padre di Luigi Di Maio - dopo la vicenda del condono - è ancor più imbarazzante. A scoprirla è stata la trasmissione Le Iene: nella sua ditta (Ardima) c’era un muratore che lavorava in nero, Lo dice l’interessato stesso, Salvatore Pizzo. Non solo: fu anche vittima di un incidente sul lavoro non denunciato. Il padre del vicepremier gli chiese di dire che si era fatto male in casa, «altrimenti gli avrebbero fatto una multa di 20mila euro».

Attualmente le quote della società di costruzioni Ardima srl sono ripartite al 50% tra il vicepremier e sua sorella; i fatti risalgono però a due anni prima, quando Di Maio non era socio. «A me questa cosa non risulta ma il fatto è grave, verificherò», dice. «Io e mio padre per anni non ci siamo neanche parlati, non c’è stato un bel rapporto, adesso è migliorato un po’», aggiunge. E giustifica Pizzo, che - ritiene potrebbe essere stato suo elettore. Il muratore si rivolse al sindacato, ricorda «che gli consigliò di trovare un accordo con mio padre per farsi assumere, e infatti poi ha ottenuto un contratto regolare. Successivamente gli fu corrisposto anche un indennizzo».

Gelido Di Maio, invece con il padre: «Ha fatto degli errori nella sua vita, e da questo comportamento prendo le distanze». Ma questo diventa un caso nel caso. Per il sindaco di Pomigliano Lello Russo è stata «una pugnalata al cuore» che ha pesato per Antonio Di Maio ancor più del fatto in sé. Scattano però - a torto, secondo la gran parte della base di M5s - le analogie con il caso del papà di Matteo Renzi. Lui, il padre dell’ex premier, si inserisce personalmente nella polemica, e con un post chiede, anche per orientamenti politici opposti, di «non essere accostato a personaggi come il signor Antonio Di Maio. Io - dice - non ho mai avuto incidenti sul lavoro in azienda e se si fossero verificati mi sarei preoccupato di curare il ferito nel miglior ospedale, non di nascondere il problema. Non ho capannoni abusivi, non ho dipendenti in nero, non dichiaro 88 euro di tasse», dice, riferendosi a un’altra inchiesta di qualche tempo fa. Poi fa sapere di star lavorando attivamente per disfarsi dell’azienda. Infine, la stoccata: «Se avessi fatto io ciò che ha fatto il signor Di Maio, i 5 stelle avrebbero già chiesto la reintroduzione della pena di morte».

Interviene anche il figlio Matteo. Conferma che le colpe dei padri non debbono ricadere sui figli, «lo dico da sempre - rivendica –, a differenza di Di Maio che se ne è accorto adesso», scrive su Facebook. «Ma non riesco a far finta di nulla. Rivedo il fango gettato addosso a mio padre. Rivedo la sua vita distrutta dalla campagna d’odio dei 5 stelle e della Lega. Rivedo un uomo onesto schiacciato dall’aggressione social coordinata da professionisti del linciaggio mediatico», denuncia l’ex premier.

Figli e figliastri, atto secondo. Tocca a Maria Elena Boschi intervenire per sostenere che, nel caso che toccò suo padre (vicende obiettivamente differenti - visto che nel caso di Di Maio non vi sono in ballo provvedimenti presi dal governo) fu usato tutt’altro atteggiamento dal M5s. «Vorrei poterlo guardare negli occhi e dirgli 'caro signor Di Maio, le auguro di non vivere mai quello che suo figlio e gli amici di suo figlio hanno fatto vivere a mio padre e alla mia famiglia'», dice l’ex ministra e sottosegretaria in un video di Facebook. Segnala le responsabilità dirette del padre di Di Maio «per delle storie davvero brutte», mentre suo padre - accusa - «è stato tirato in mezzo ad una vicenda più grande di lui per il cognome che porta e trascinato nel fango dalla campagna creata da suo figlio e dagli amici di suo figlio». Matteo Salvini, dal canto suo, preferisce starne fuori: «Sono felice che mio padre sia un tranquillo pensionato che al massimo va in parrocchia o a giocare a bridge».

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