martedì 21 luglio 2015
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Imigranti dei viaggi della speranza che vogliono costruire una vita lontana da violenze e sfruttamento. E i rifugiati che senza una fuga provvidenziale quanto rocambolesca, rischiano la vita. È a loro che la diocesi di Avezzano guarda. Non lesinando impegno. Anzi raddoppiandolo perché, oltre alle strutture tradizionali già vocate all’accoglienza, coinvolge pure quelle parrocchiali. Uno sforzo che non piace alla locale sezione di Forza Nuova, i cui aderenti, la scorsa settimana, hanno affisso uno striscione a pochi metri dall’ingresso della cattedrale di San Bartolomeo della cittadina abruzzese. Il testo: «Per il vescovo prima i clandestini, per Forza Nuova prima gli italiani». Una frase che risponde agli stereotipi diffusi nelle convinzioni del movimento di destra – spesso orgogliosamente 'paladino del cattolicesimo' – ma che non condiziona le scelte della Chiesa dei Marsi che continua a tendere la mano a chi fugge da guerre, persecuzioni, carestie, miseria. «La diocesi ospita rifugiati e immigrati – spiega il vescovo di Avezzano, Pietro Santoro –, e ha invitato le parrocchie ad aprire le proprie strutture: questo è avvenuto e sta avvenendo ». Sullo striscione di Forza Nuova il presule non si scompone: «Andiamo avanti con il Vangelo», dichiara sereno.  «No, non sono sorpresa da questa polemica che però farei rientrare nei giusti limiti », afferma Lidia Di Pietro del Servizio Migrantes di Avezzano. Non sorpresa, aggiunge, perché «basta qualche sito internet che, per guadagnare contatti e visibilità, annuncia veri e propri esodi dall’Africa per scatenare paure e smarrimento». E invece, dalla richiesta di ospitalità lanciata lo scorso anno dalla prefettura dell’Aquila, l’'esodo' ha avuto contorni più contenuti: 24 le persone passate per i servizi di accoglienza diocesani; 31 se si considerano anche quelli che hanno trovato un posto in altre realtà associative. Ovunque, si lavora all’accoglienza ma anche all’inclusione. Sfruttando, come proposto dal vescovo, locali parrocchiali spesso inutilizzati, come avviene in alcune località montane.   Difficile in un clima che, come si è visto, si vuole alimentato da bugie, sostenere anche la paventata 'discriminazione' della diocesi ai danni degli italiani: «Se è vero che per il servizio che eroghiamo a cittadini stranieri ci viene riconosciuto un rimborso – chiarisce Di Pietro –, è altrettanto vero che le risorse vengono anche spalmate sul territorio a vantaggio dei residenti in difficoltà. L’apporto che diamo come Chiesa – conclude – ci permette di ottenere margini che vengono reinvestiti in utilità sociale: è il welfare rigenerativo che guarda ai nuclei familiari in ritardo con il pagamento degli affitti; oppure ai soggetti che dopo molti anni si trovano senza lavoro per effetto della crisi». Con buona pace di chi non vuole vedere. 
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