martedì 10 agosto 2010
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«Favorevole, perché gli organismi geneticamente modificati non devono far paura». Parola di Giuseppe Bertoni, professore di fisiologia degli animali e direttore dell’Istituto di zootecnica presso la facoltà di Agraria all’Università Cattolica di Piacenza. Il docente ha fatto parte della Commissione interministeriale per la valutazione dell’impatto ambientale degli Ogm e assicura che «il trasferimento di geni o di una parte di essi è già presente in natura». Per Bertoni chi si occupa di ogm in laboratorio «non è uno stregone, non stravolge l’opera di Dio e non si pone in conflitto con le leggi naturali». «È normale – prosegue l’esperto – il trasferimento del genoma di un virus in un altro organismo, o di materiale genetico da un batterio all’altro. Gli stessi mitocondri presenti nelle cellule sono residui ancestrali di microrganismi esterni». Secondo Bertoni non c’è alcun rischio per i prodotti “made in Italy”: «Sono tipici perché coltivati, lavorati, confezionati sul nostro territorio. Da 14 anni mais e soia transgenici contribuiscono senza problemi a nutrire i nostri animali. Il parmigiano e il prosciutto sono quelli di sempre».La pensa come Bertoni anche Francesco Sala, professore emrito di Biotecnologie vegetali all’università di Milano. «Le biotecnilogie – dice – costituiscono il naturale sviluppo dell’agricoltura italiana e chi vi si oppone guida il settore verso la distruzione. Anche per Sala gli Ogm non rappresentano un pericolo per il prodotto tipico, anzi, le biotecnologie sono «l’unico modo per salvarlo, perché sono in grado di correggere i difetti genetici delle nostre piante tipiche e difenderle dai parassiti».
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