sabato 22 ottobre 2016
​Il cardinale Pietro Parolin al Centro Livatino: tutelarla, senza abusi. Medici e farmacisti cattolici chiedono di contrastare l'indifferenza ai valori. "RISPOSTA A SAVIANO L'obiezione non è una piaga: è testimonianza di vita (Maurizio Patriciello)
Obiezione di coscienza, casa della dignità umana
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Il tema è delicato ed ha riflessi importanti sulla quotidianità delle persone, sia che si tratti di  medici, farmacisti come pure sindaci, chiamati in causa dalla recente norma sulle unioni civili. L’obiezione di coscienza infatti non si fonda semplicemente su idee o opinioni, non deve avere assumere profili opportunistici, ma va ancorata ad una convinzione «forte, seria, coerente ed importante». È questo il filo conduttore del convegno  Coscienza senza diritti? promosso ieri a Roma dal Centro studi Livatino. Il campo dell’obiezione è insomma «il luogo dove si misura il fondamento della dignità umana »; una dignità – ricorda il segretario di Stato vaticano,  cardinale Pietro Parolin, nel messaggio di saluto inviato agli organizzatori – «inalienabile dell’essere umano in quanto creato da Dio». Ma il vero problema «non è solo quello della sua affermazione, ma anche quello della sua limitazione», continua il porporato, al fine di evitare di arrivare a «un’anarchia di fatto e ad un’arbitraria sottrazione agli obblighi di legge». È perciò importante che la coscienza sia «ben formata, retta e veritiera», per evitare – argomenta Parolin – di giungere «ad un rifiuto aprioristico di qualunque obiezione». Sarebbe difatti strano, «per non dire paradossale» – è il passaggio successivo del ragionamento del segretario di Stato – che in un tempo in cui «la volontà uma- na si arroga il diritto di creare diritti, abbattendo uno dietro l’altro i limiti che la natura, l’etica, la religione e la stessa cultura umanistica hanno finora indicato », nello stesso momento «l’uomo venga ferito anche nell’intimo della coscienza» che ha «un ruolo decisivo», perché «è l’istanza dove la persona discerne il bene dal male».  Questi non sono argomenti «da accademici», bensì questioni che hanno «ricadute importanti sulla vita della gente». A sottolinearlo uno dei vicepresidenti del Centro studi Livatino e magistrato, Alfredo Mantovano, che sulla «tragedia» di Catania non nega come «sui media c’è già scritta la sentenza, stabilendo la connessione tra la morte e l’obiezione di coscienza», mentre questa è «funzionale a tutelare il diritto alla vita». Non va dimenticata, perciò, «la serietà dell’obiezione», gli fa eco poco dopo il presidente del Centro Mauro Ronco, perché basata «sulla coscienza, non sulla convenienza». Da qui la necessità di contrastare «iniziative orientate a limitarla », per renderla invece «più forte ed estesa persino a settori finora non contemplati». Anche l’Europa «riconosce il buon diritto a livello indiretto », spiega il direttore del Centro studi europeo per Legge e Giustizia, Gregor Puppinck, aggiungendo che le recenti condanne a Polonia e Italia sono un avvertimento «ai governi, poiché non sono stati in grado di organizzare diritti concorrenti». La domanda che uno Stato dovrebbe porsi, dunque, è «la causa che ha spinto medici e infermieri a non praticare un atto, non limitare l’obiezione», visto che «la coscienza personale è giudice supremo e testimone di giustizia». Il sospetto è che si sia «perso il significato di coscienza », secondo il consigliere di Corte di Cassazione, Giacomo Rocchi, dato che «non rispettare la coscienza è più grave di ricevere sanzioni, è la perdita della dignità». È così alquanto «sorprendente», è il suo esempio, che il legislatore «non abbia previsto l’obiezione dei sindaci» nella legge sulle unioni civili. In un terreno a dir poco «scivoloso», nell’«inerzia del legislatore – ammette il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo – il problema è stato affrontato dalla giurisprudenza », ma «i giudici non possono essere investiti di decisioni non disciplinate dalla legge», come nel caso del testamento biologico. Tuttavia 'in trincea' ci sono soprattutto medici e farmacisti, che sembrano quasi ridotti a «prestatori d’opera con il paziente che è diventato cliente – dice con amarezza il segretario generale della Federazione internazionale delle Associazioni medici cattolici, Ermanno Pavesi – Secondo alcuni il medico dovrebbe essere solo accondiscendente alle scelte del malato». La preoccupazione dunque è tanta, aggiunge il responsabile  dell’Unione cattolica farmacisti italiani Pietro Uroda, «per una serpeggiante mentalità che è contraria alla verità se sgradevole», per «l’indifferenza ai valori e a ciò che vi sta dietro: l’uomo». Se è auspicabile quindi l’alleanza medico-paziente, perché – si chiede il presidente del Comitato Difendiamo i nostri figli Massimo Gandolfini, riferendosi al rischio insegnamento del gender nelle scuole – non si può avere un’alleanza scuola-famiglia, un team educativo?». Se si è davanti a certe derive, la sua conclusione, «è perché siamo stati per troppo tempo in silenzio».

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