giovedì 30 ottobre 2014
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Nei campi il lavoro nero irregolare continua a dilagare. Nei primi sei mesi del 2014 raggiunge un'incidenza sul totale del 32%, quasi il 5% in più rispetto al 2011 e lo 0,3% rispetto allo scorso anno. Una piaga sociale oltre che economica, che crea un esercito di nuovi schiavi che lavorano per 20 euro al giorno nei campi di raccolta di tutta Italia. È l'allarme lanciato dall'indagine "#Sottoterra Eurispes-Uila", presentata oggi al Congresso del sindacato alimentare, secondo la quale questo fenomeno è una reazione al perdurare della crisi, una sorta di "immersione da sopravvivenza", che potrà essere recuperata solo con una riduzione della pressione fiscale e con nuove politiche del lavoro. Una piaga che colpisce per lo più i lavoratori stranieri, che vivono spesso in veri e propri ghetti, con paghe al di sotto di quanto previsto dai contratti nazionali. C'è chi riceve 1,60 euro l'ora, un quinto del minimo sindacale; chi 1,90 euro l'ora dalle 5 della sera alle 5 del mattino e chi ancora 35 euro al giorno per raccogliere le ciliegie. Quanto alla mappa dell'irregolarità nei campi, al primo posto il Sud, con Campania e Calabria in testa: esemplare il caso Puglia, dove nel 2013 è risultata in nero la metà dei lavoratori delle aziende sottoposte ad ispezione.  "Non possiamo permetterci di presentarci ad Expo con un'agricoltura di qualità che ha oltre il 30% di lavoro nero o irregolare", ha detto il segretario generale della Uila, Stefano Mantegazza, "un dato che impegna sindacato e imprese a cambiare le regole del gioco e governo e parlamento a trasformare in legge la proposta di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil di realizzare una rete del lavoro agricolo per gestire in trasparenza l'incontro domanda-offerta e incentivare le imprese virtuose". Il progetto, che punta a contrastare l'intermediazione illecita e l'impiego illegale della manodopera, è un disegno di legge presentato in Commissione Agricoltura.
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