mercoledì 19 dicembre 2018
Spunta un emendamento alla legge di bilancio: limiti ai sindaci nelle spese per l’ospitalità dei minori Il sistema Sprar cambia nome e diventa Siproimi
Una stretta anti-accoglienza sui Comuni virtuosi. Sprar ridimensionati
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Alla stretta sull’accoglienza, varata nel decreto su sicurezza e immigrazione poi convertito in legge, fa seguito una caterva di delucidazioni da parte del ministero del-l’Interno, contenute in un dossier e in una «direttiva» inviata ai prefetti sull’interpretazione delle norme. Nel frattempo, però, sul fronte parlamentare, spunta un emendamento alla legge di bilancio proposto dal governo (depositato in commissione Bilancio al Senato, ma non ancora votato) che configura un’ulteriore stretta ai Comuni che accolgono minori stranieri non accompagnati: potranno chiedere contributi al Fondo nazionale per l’accoglienza ma solo «nei limiti delle spese già sostenute a legislazione vigente dal Comune interessato a carico del proprio bilancio». La misura, è scritto nella relazione che l’accompagna, «si rende necessaria per evitare che insorgano contenziosi da parte degli Enti locali a seguito di richieste non soddisfatte di maggiori contributi».

Via lo Sprar, arriva il «Siproimi ». Ieri mattina, pubblicando un dossier costruito sullo schema 'domande-risposte', il Viminale ha precisato alcuni punti: il sistema Sprar diventa «Siproimi » e viene «ottimizzato». Attualmente sono 877 i progetti Sprar finanziati, per 35.881 posti, con 1.825 comuni interessati e oltre 27mila persone accolte. Nel nuovo «Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati». I sindaci restano «protagonisti» dei progetti. Ma il ministro dell’Interno Matteo Salvini parla di «una stretta necessaria sui fruitori di servizi pagati dai contribuenti » citando il caso limite di un somalo arrestato a Bari perché sospettato di terrorismo e che aveva «ottenuto un permesso umanitario ed è stato mantenuto a spese degli italiani in uno Sprar». Altro «che buonismo e critiche al Viminale che 'manda immigrati indifesi in mezzo alla strada'. Aiutiamo solo i veri profughi», insiste il vicepremier. Torna l’elemento della riduzione dei costi: le modifiche, annota il Viminale, «sono in linea con le raccomandazioni della Corte dei Conti» per evitare che «l’accesso indiscriminato » crei «oneri gravosi a carico dello Stato».

I permessi speciali. La protezione umanitaria prima esistente è stata abrogata. Ma nel circuito del Siproimi, rientreranno anche i titolari dei nuovi permessi speciali concessi per «circostanze definite»: urgenti cure mediche; vittime di tratta o violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo; persone che, pur senza i requisiti per la protezione internazionale, corrono il rischio di gravi persecuzioni o torture in caso di rimpatrio; calamità che impediscono il rientro nel Paese d’origine: atti di valore civile. Secondo il Viminale, le tutele per le persone a rischio restano «invariate ». E il sistema di prima accoglienza (basato su Cas e Cara) non subirà modifiche. Ma cosa accadrà a quanti sono già titolari di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie? Chi lo ha o è in attesa di riceverlo, dicono dal ministero, potrà restare in Italia «fino alla scadenza del titolo, potendo usufruire dei benefici compresa la possibilità di convertirlo in permesso per lavoro o ricongiungimento familiare».

No asilo da «Paesi sicuri». Nella direttiva inviata ieri ai prefetti – 18 pagine, firmate dal capo di gabinetto Matteo Piantedosi – si evidenzia come ai richiedente asilo provenienti da Paesi classificati come «sicuri» viene collegata una presunzione di «manifesta infondatezza» della domanda: per loro, ci sarà un esame prioritario e una procedura accelerata, con «inversione dell’onere della prova a carico del richiedente». La direttiva invita a rassicurare i sindaci circa la «sostanziale invarianza delle regole di accoglienza » per «dissipare l’immotivata diffusione di preoccupazioni circa gli effetti che la nuova normativa produrrebbe in termini di incremento della 'marginalità sociale'». I dati dicono che fino al 4 dicembre (data di entrata in vigore della legge che ha convertito il decreto) si è scesi da 183.732 a 141.175 persone in accoglienza: circa 43mila persone in meno.

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