giovedì 16 settembre 2010
Parte la campagna nazionale contro l’indigenza. Caritas e Dehoniane pubblicano il sussidio «Povertà globali, risposte locali». Per proteggere le popolazioni nei conflitti, criteri di intervento dettati dalla dottrina sociale della Chiesa.
- La vertiginosa ingiustizia della ricchezza che affama di Vittorio Nozza
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Scelte individuali e attenzione al Creato sono le chiavi per sconfiggere la nuova povertà. Nel nuovo millennio è cambiato il volto dei conflitti e della miseria globale, che dipende sempre più dal degrado ambientale. Diminuiscono le guerre, ma i primi dieci anni del Ventunesimo secolo ci consegnano conflitti sempre più complessi per il controllo di acqua, fonti energetiche e cibo. E un nuovo tipo di disperazione, quella dei profughi ambientali. Davanti a questi mutati scenari di emergenza, generati soprattutto dallo scarso rispetto del Creato, anche le risposte umanitarie stanno cambiando fisionomia. Anzitutto, Italia in testa, il contributo per lo sviluppo degli Stati è diminuito, complice la recessione. Il nostro governo nel 2008 destinava lo 0,2% del Pil, meno della metà della media degli Stati dell’Ue, che si attesta allo 0,47%. Nel frattempo le risposte delle Ong sono diventate articolate e interdisciplinari. In occasione della campagna nazionale che si apre da oggi contro l’indigenza, nell’anno europeo di mobilitazione contro la povertà, la Caritas italiana ha pubblicato con le edizioni Dehoniane il sussidio «Povertà globali, risposte locali» con l’intento di far crescere la consapevolezza tra i credenti del legame che in questo tempo si è creato tra povertà, guerre e scempi ambientali e proporre ai cristiani nuovi stili di vita. Attraverso un’indagine condotta sulle principali istituzioni scientifiche che studiano i conflitti armati, la Caritas italiana calcola che nel 2008 vi erano 16 paesi nel mondo realmente in una guerra ad alta intensità, con oltre mille morti all’anno. Altri 16 paesi erano dilaniati da conflitti a bassa intensità. L’organismo pastorale denuncia inoltre  la «forte crescita» di situazioni di conflitto ed emergenza umanitaria, alle quali si combinano  «disastri naturali, violenza, guerra». Per la Caritas  oggi la causa di molti tipi conflitti è dovuta ai mutamenti climatici. Portano a combattere  l’inquinamento dell’acqua, la diminuzione della produzione di cibo, l’aumento di tempeste ed alluvioni e le migrazioni indotte di cambiamenti del clima. Negli ultimi 20 anni il sussidio registra la diminuzione delle terre fertili nelle aree depresse e la crescita di tensioni sociali e violenze per l’acqua in diverse regioni, come l’Africa e il Medio Oriente, dove i conflitti idrici seguono i percorsi dei grandi fiumi come Nilo, Zambesi, Volta, Tigri ed Eufrate. In questo scenario, dove si è affermato da poco il concetto di «protezione umanitaria» che estende il concetto di aiuto assegnando alle autorità pubbliche il dovere di proteggere l’esistenza fisica e i diritti umani delle vittime, la Caritas italiana ha cambiato il proprio metodo di intervento in contesti di conflitto ed emergenza. Orientano gli interventi quattro principi fondamentali ispirati dalla dottrina sociale della Chiesa e perfezionati dalla Caritas in veritate. Sono la solidarietà, la sussidiarietà verso la Chiesa locale, il partenariato con le Caritas locali e la responsabilità della gestione delle risorse raccolte. E il metodo specifico di intervento sul campo, perfezionato in 40 anni e basato sull’ascolto, l’osservazione e il discernimento, si completa se le comunità educano i credenti a scelte individuali. Il sussidio ne ripropone alcune, ad esempio il commercio equo e solidale e la lotta alle mafie, la finanza etica, il volontariato,  il servizio civile, il turismo responsabile. Con queste la Chiesa attua una strategia anti povertà di lungo respiro, «battaglia lunga che non avrà vincitori né vinti, ma nuovi uomini e donne».
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