mercoledì 7 agosto 2013
Via libera al parere sul decreto che riscrive l’indicatore, ma con 9 richieste di modifica. In commissione Affari sociali ieri si è compiuto l’ultimo passaggio prima che il governo faccia entrare in vigore il nuovo “radar”, utilizzato per misura l’effettiva situazione di benessere (o malessere) dei nuclei familiari. L’astensione di Scelta civica. Sberna: schema complessivo buono ma siamo distanti da ciò che occorre.
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I semi dimenticati sono ancora loro, figli e disabili. Insomma la famiglia risorsa della società. Per questo, anche il parere espresso dalla commissione congiunta Affari Sociali e Finanza della Camera sul nuovo Isee non può essere che una promozione con riserva. E i nove dubbi sollevati nella riunione lampo di ieri a Montecitorio vanno proprio a dar man forte alle preoccupazioni delle associazioni e dei sindacati che da settimane sostengono l’iniquità dell’ingranaggio.Non sembra, dunque, aver centrato in pieno l’obiettivo chi ha messo mano dopo dieci anni alla riforma dell’Isee. Mancano franchigie equilibrate per tutta la prole a carico, non solo i minorenni, mancano adeguati sgravi per famiglie con disabili, mancano le giuste tutele fiscali per le famiglie monogenitoriali. E soprattutto, nel tentativo di far pesare maggiormente il patrimonio familiare nel calcolo dell’Isee, in realtà si è andati a incidere pesantemente sui nuclei del ceto medio-basso che possiedono solo la casa di proprietà in cui vivono. Tutti "consigli" che ora bisognerà vedere se il Governo ascolterà, ponendo rimedio ad alcune storture normative di principio della legge (il parere della commissione è infatti obbligatorio, ma non vincolante). In cima alla lista delle osservazioni dei parlamentari c’è proprio il nodo più controverso del decreto Salva-Italia: il computo all’interno dell’Indicatore sulla situazione reddituale della famiglia (Isr) di pensioni, indennità e assegni riservati agli invalidi e delle prestazioni assistenziali. «Il Governo confermi l’esclusione dal campo di applicazione del nuovo Isee» scrive la commissione, perché per un cambiamento del genere è necessaria «una esplicita previsione legislativa». Inoltre, si chiede un «trattamento più favorevole» per i redditi bassi dei disabili e delle franchigie per i nuclei con non autosufficienti, si legge ancora, e la detrazione per la prima casa di proprietà in conto patrimonio, non in conto reddito.Ma c’è tutto il capitolo prole che continua a destare perplessità fuori e dentro la politica; un argomento che ha portato alla fine Scelta Civica ad astenersi proprio per l’assenza di coefficienti corretti. La "scala di equivalenza", infatti, è sostanzialmente rimasta la stessa del vecchio sistema e questo non consente di «avere un’equa valutazione del costo dei figli». Il presidente del Forum per le associazioni familiari, Francesco Belletti, pur riconoscendo l’impegno del governo a modificare uno strumento complesso attraverso «un costante dialogo» con le parti sociali, considera «deludenti i risultati». Se il fine ultimo era restituire equità «nell’accesso ai servizi» e ridare il giusto valore alla famiglia, aggiunge, ora si rischia di «non veder tutelati i suoi bisogni». Nel parere, così, i correttivi chiesti all’esecutivo dal Parlamento riguardano proprio l’eliminazione del tetto di 7mila euro per le detrazioni delle abitazioni (un punto fortemente voluto dall’associazione famiglie numerose) e quello di 10mila euro per i minori, che in realtà «bastava solo a coprire il primogenito e il coniuge», ricorda Mario Sberna, ex presidente Anfn e deputato centrista. Ora, invece, si propone uno sconto di 2mila euro per tutti i figli, «senza un limite massimo e non solo per chi ha meno di 18 anni». Correttivi ancor più necessari, continua Sberna, quando «si parla di futuro della famiglia in un momento d’inverno demografico». Però Scelta Civica, pur riconoscendo la bontà dello schema complessivo, ha comunque deciso di astenersi, perché si è «ancora distanti da una rimodulazione efficace e soddisfacente». Il punto cruciale è proprio il peso dei figli nella scala di equivalenza e «l’aumento del coefficiente per ognuno di loro - dicono - per noi un punto fondamentale», anche perché le famiglie numerose, «specie in estinzione, meritano ben altra attenzione».Più soddisfatto il Partito democratico, anche se non nega ci siano ampi margini di miglioramento. Il giudizio è sostanzialmente «positivo», è l’opinione del capogruppo democratico in commissione Donata Lenzi, soprattutto perché si è ottenuto dal governo «l’impegno a monitorare insieme alle forze sociali il nuovo Isee» per valutarne impatto e correttivi. «Si poteva far meglio sulla scala di equivalenza», ammette il compagno di partito Edoardo Patriarca, il quale ora si aspetta che il governo «raccolga le nostre sollecitazioni».
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