sabato 30 marzo 2013
Cresce il numero di titolari di aziende che non vogliono rassegnarsi alla disperazione. Sul web i loro nuovi propositi: «Il momento è difficile per tutti, ma è urgente andare avanti».
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​«C’è sempre una via d’uscita, fatevi aiutare a trovarla». È l’augurio di Pasqua che Sally Li Piani, 44 anni, di Villa d’Asolo, rivolge ai suoi ex colleghi imprenditori perché trovino la forza di resistere alla crisi.  L’altro ieri l’ennesimo suicidio, ormai 70 in Veneto. «Sicuramente verrà un futuro migliore – garantisce Sally –. La vita è come le stagioni, si alternano momenti di buio e di luce. Il segreto è tenere sempre una luce accesa nel cuore». Sally, sposata con Vittorio, due figlie, Samantha e Dajana («le migliori opere d’arte che abbia mai fatto»), aveva un laboratorio-negozio di sartoria, molto creativo, che lavorava principalmente per il gruppo Benetton. Dopo 10 anni ha dovuto chiudere. «Avevamo tantissime commesse, di punto in bianco più nulla». Le tre dipendenti di Sally hanno già trovato un nuovo impiego, lei ancora no. Non lavora neppure il marito. «Faceva autotrasporti. Quando ha chiuso la ditta, ha perso il camion e ipotecato la casa. Ora ci arrangiamo in qualche modo». Eppure Sally non si arrende. «La vita mi darà un’altra possibilità. Escludo di arrivare a livelli estremi di disperazione, anche se capisco cosa si prova in quei momenti». «Basta suicidi per crisi. Può il fallimento di un’attività lavorativa avere più importanza degli occhi dei tuoi figli?». Così sollecita la Cna di Treviso, Confederazione dell’artigianato. Dal proprio sito invita gli artigiani a raccontare le loro storie. Non di disperazione, ma di rinascita. «Dobbiamo ridare speranza». Maurizio N., 51 anni, gestisce un negozio di elettronica di consumo. Gli affari vanno male e deve mettere in cassa integrazione quattro dei suoi dipendenti. «Ho sentito un annuncio alla radio e ho chiamato il numero verde della Regione Veneto (l’800334343, ndr). Mi hanno dato l’appuntamento con lo psicologo e sono stato aiutato. Adesso non è che gli affari vadano meglio, ma mi è tornata la lucidità per affrontare con grinta la vita. Ho cambiato atteggiamento da subito, mi sono rimotivato e rimesso a lavorare». Maurizio ammette che lo stress gli deriva dalla responsabilità per le famiglie dei dipendenti e dei collaboratori («oltre che per la mia, ho moglie e due figli piccoli»), ma anche per l’elevata competitività sui prodotti di elettronica. «Bisogna tenersi sempre aggiornati e avere l’ultimo modello di ogni prodotto, ma se manca la liquidità non si possono acquistare i materiali nuovi». Anche Loris si è appellato a quel numero di telefono. Ha 50 anni, nel 2008 ha perso l’azienda metalmeccanica, una trentina di dipendenti, oggi fa l’operaio a chiamata. «A novembre avrei festeggiato i 30 anni di attività, invece ho portato i libri in tribunale – racconta –. Il fallimento è stato uno choc. Ma ho avuto tre fortune che mi hanno permesso di reggere psicologicamente: non mi ero mai montato la testa, dentro ero rimasto l’umile operaio degli inizi, sapevo di avere intorno a me gente che mi voleva bene, la mia famiglia soprattutto, e la fede in Dio che è cresciuta notevolmente in questo ultimo anno». Stefano Ballarin, veneziano, a 34 anni era costretto ad uscire dall’azienda di famiglia, settore degli autotrasporti. Oggi lo chiamano "Seven" perché lavora 7 giorni su 7. «Sono riuscito ad inserirmi nel settore dei grandi eventi. Ho imparato le lingue da autodidatta girando il mondo. Mi chiamano per una, due, tre settimane, devi avere sempre la valigia pronta: giovedì parto per la Malesia, mi aspetta un grande evento nel settore dell’aeronautica spaziale. La crisi c’è, si sente. Tuttavia sto progettando, insieme ad alcuni soci, l’apertura di un nuovo locale in centro a Treviso». Anche Paola Abiti, 56 anni, ha ritrovato la forza di ripartire. Lavora come consulente commerciale, decide di licenziarsi, apre una partita Iva e offre la sua professionalità come libera professionista. Interviene la crisi, i clienti fanno sempre più difficoltà a pagare, Paola è costretta a mollare. La Provincia di Treviso avvia un progetto per dar modo ai professionisti di rimettersi in gioco. Lei ci prova. Rimette mano a tutti i contatti coltivati: ora opera come consulente commerciale per un’azienda che produce maglieria in Romania. «Ho trovato stimoli nuovi anche grazie alla fiducia datami da questo maglificio rumeno che ha accettato di darmi un fisso mensile almeno per il primo anno. Non dico che oggi le cose vadano benissimo, ma sono felice di essere riuscita a traghettare attraverso questo periodo difficile».
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