mercoledì 9 settembre 2015
Mirabelli: giusto il rimando all’articolo 2. L’Europa? «Non può imporre».
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La specificità delle unioni civili rispetto al matrimonio, inserita in premessa nel ddl Cirinnà, è «un adeguamento alle indicazioni della Corte costituzionale». Non si possono confondere i piani. Ma, precisato questo, per il presidente emerito della Consulta, Cesare Mirabelli, il lavoro dei giuristi e del legislatore è solo all’inizio. Serve «fantasia» per «riscrivere la norma, individuando una disciplina appropriata che tenga conto delle attese, dei legittimi interessi e dei diritti delle persone in questa formazione sociale». Ma non attraverso formule che siano la «fotocopia» della disciplina del matrimonio. Sugli inviti dell’Europa agli Stati, il costituzionalista ritiene che ci sia spazio per una via italiana al tema e ribatte: «Ma se non ci facciamo imporre decisioni sull’Imu... Del resto l’Europa sollecita una disciplina di queste convivenze, non necessariamente il matrimonio». Ritiene possibile arrivare a un testo accettabile? In commissione è muro contro muro. Sì, una soluzione equilibrata è possibile. Ci possono essere novità sul momento costitutivo dell’unione, con maggiore autonomia alle parti. Cioè consentire che sia contratta davanti a un pubblico ufficiale, non necessariamente quello dello stato civile, e che le parti possano regolare liberamente gli aspetti patrimoniali. Soluzioni innovative pure per lo scioglimento. Riguardando diritti individuali - e non un’istituzione come la famiglia fondata sul matrimonio - potrebbe essere sufficiente una dichiarazione delle parti, o anche di una di esse, resa nelle stesse forme. E i diritti e doveri? Possono essere sinteticamente indicati, senza che questo significhi ridurne l’ampiezza e la portata: mutua assistenza morale e materiale, reciproca solidarietà nei rapporti patrimoniali derivanti dalla vita comune. Con una rilevanza anche all’esterno della coppia. Senza però fotocopie o rinvii alla disciplina civilistica del matrimonio. Va fatto uno sforzo di fantasia e di approfondimento tecnico nell’innovazione normativa, come è possibile in molti aspetti della legge, anche in quelli più delicati e controversi. Vanno poi eliminati o chiariti punti davvero singolari. Ad esempio? L’unione civile tra un maggiorenne e un minorenne, che è prevista con il rimando alle procedure di autorizzazione al matrimonio di un minore previste dall’art. 84 del Codice civile. Alcuni giuristi, come Rodotà, vedono la specificità delle unioni in conflitto con la Carta. Posizioni come questa rappresentano una 'torsione' della giurisprudenza costituzionale, che è netta nell’escludere che si possano assimilare partnership tra persone dello stesso sesso e matrimonio. Da cosa si evince? Nella Carta c’è una distinzione tra due entità che, pure essendo formazioni sociali, si diversificano. Sono, infatti, trattate in due diversi articoli: 29 per la famiglia, 2 per le altre. Nelle unioni si tratta di disciplinare rapporti personali e patrimoniali di coppia e non una situazione relativa alla famiglia come istituzione sovraindividuale. Il dato affettivo - anche per le convivenze more uxorio - non è sufficiente a determinare un’assimilazione. E non ci si può arrivare per via di interpretazioni creative, come ha espressamente detto la Corte costituzionale, che vanno contro il dettato della Carta. C’è chi auspica un effetto emulazione su questi temi tra i vari Paesi europei. È così? Dire che il futuro europeo ci riserva la strada di dover approvare i matrimoni omosessuali è una forzatura, una fuga in avanti in un non prevedibile futuro. Dal punto di vista internazionale non c’è un sufficiente consenso. E c’è la libertà degli Stati, non di ignorare le unioni civili tra persone dello stesso sesso, ma di disciplinarle in maniera diversa dal matrimonio. Non ci vogliamo fare imporre dall’Europa se dobbiamo abolire o meno l’Imu e ci dobbiamo fare imporre una disciplina, parlo del matrimonio omosessuale, prevista, faccio un esempio extra-Ue, da appena una decina di Stati sui 47 del Consiglio d’Europa? Allora come impostare correttamente il dibattito politico e nell’opinione pubblica? C’è l’occasione di trovare una disciplina originale italiana su questa materia. Lo stesso governo lo ha più volte enunciato. E c’è l’obbligo di percorrere una via costituzionalmente corretta e che eviti lacerazioni nel corpo profondo del sentire comune.
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