martedì 22 dicembre 2020
La "variante inglese"? Un fenomeno del tutto naturale
Massimo Ciccozzi

Massimo Ciccozzi - .

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Il virus muta. Non è solo il titolo dell’ebook scritto da Massimo Ciccozzi, epidemiologo dell’Università Campus biomedico di Roma e scopritore di alcune delle mutazioni del Sars Cov 2. Ciccozzi interviene sulla variante inglese, precisando che ci troviamo di fronte a un fenomeno del tutto naturale e che – a quanto si conosce al momento – la mutazione in questione non intacca l’efficacia del vaccino.

La variante inglese del coronavirus di cui tanto si parla in queste ore deve realmente farci paura?
Assolutamente no, per tanti motivi. Innanzitutto, perché la letalità sembra sia sempre la stessa, mentre, stando ai dati che sono attualmente disponibili, può essere cambiata la sua contagiosità; questo cambiamento, peraltro, rientra nella evoluzione naturale e prevedibile di un virus che cerca sempre di replicarsi in un modo migliore che lo porti cioè a sopravvivere, riproducendosi; ad oggi, infine, non ci sono prove di laboratorio che identifichino questa variante come più pericolosa, non solo in termini di patogenicità e letalità, ma anche nel senso che essa possa rendere meno efficace i vaccini che sono ormai in dirittura di arrivo.

Si può paragonare questa mutazione alla D614g che interessò la proteina Spike?
Certamente. La D614g che ritroviamo nel 98% delle sequenze italiane si è oramai fissata nei ceppi virali circolanti in Italia e in altri paesi europei e anch’essa ha aumentato la contagiosità del virus, come sembra faccia la variante inglese... Questa notizia comunque conferma che il virus muta. Certamente i virus mutano per definizione e le mutazioni sono indotte anche dal nostro sistema immunitario e da pressioni selettive ambientali. Mutano per un escape immunologico cioè nel momento in cui vengono bloccati cercano di superare le nostre difese - e queste mutazioni a volte fanno diventare il virus più contagioso mentre altre volte non hanno un chiaro significato clinico e virologico ma sicuramente ne mantengono uno evolutivo: ossia, sono mutazioni che fanno tendere il virus ad una evoluzione convergente quindi ad un adattamento all’uomo.

Perché le mutazioni fanno tanta paura e ogni volta che se ne individua una scattano allarmi che poi si rivelano infondati?
Forse perchè a volte favoriscono il virus - è sempre possibile che aumenti la contagiosità ma anche che aumenti la patogenicità ma in molti casi favoriscono l’ospite in quanto i coronavirus cercano di adattarsi e convivere in una condizione di parassitismo con lui. Tant’è vero che, senza che l’andamento epidemiologico ne sia stato sconvolto, in Italia si sono diffuse nei mesi scorsi almeno tredici varianti diverse di Sars Cov 2.

Quanto è probabile un incremento della letalità in questo caso?
Non lo sappiamo, ma, in base alle informazioni di cui disponiamo, è molto poco probabile, proprio in virtù della tendenza, propria di molti virus, all’adattamento e al parassitismo. Questo “nemico” trova più utile - è solo un’immagine, perchè il coronavirus non è dotato di intelligenza - trasformarsi in un parassita e convivere in simbiosi con l’ospite senza arrecare troppo danno che uccidere l’uomo. Ecco perchè, guardando la scena un po’ più da lontano, si può percepire chiaramente che in quest’anno il coronavirus in Europa ha accresciuto la propria contagiosità ma non la propria letalità.

Ci sono evidenze scientifiche su cambiamenti nella patogenicità di Sars Cov 2?
Assolutamente no mentre la mutazione della DG 614 è stata confermata da prove di laboratorio mentre sono in corso le prove di laboratorio per la variante inglese.

Queste mutazioni possono rendere inefficace il vaccino?
No, anche questo è veramente poco probabile. La ragione è che la proteina Spike usata per il vaccino ha subito delle mutazioni ma non sono influenti per quanto riguarda il vaccino.

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