mercoledì 2 novembre 2016
A metà strada tra Tolentino e Camerino, c’è un paese di 1.900 abitanti che ha subito danni pesantissimi al proprio patrimonio abitativo ma prova, nonostante tutto, ad andare avanti
Caldarola, «Non dobbiamo disperderci»
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«Stiamo già pensando a qualcosa per il futuro, a breve e medio termine. La scuola innanzitutto. E da domani riapriamo ambulatorio e farmacia». Il sindaco Luca Giuseppetti parla nel megafono, sotto al tendone della mensa, mentre la Protezione civile dell’Emilia Romagna impiatta rigatoni al ragù e pollo. Siamo a Caldarola, 1.800 abitanti, a metà strada tra Tolentino e Camerino. Cittadina di gente attaccata al territorio, ricco di aziende, ville, chiese storiche e – fiore all’occhiello – del Castello Pallotta, gioiello di fine ’500, residenza estiva del cardinale Evangelista Pallotta. Caldarola ha subito danni pesantissimi al patrimonio abitativo e artistico, ma finora è stata pressoché ignorata dai mass media.

Non dalla macchina dei soccorsi, anche qui presente in forze. I bisogni sono tanti. Il centro storico è tutto zona rossa: lesioni importanti, comprese le chiese di S. Martino e S.Gregorio, il convento di Santa Caterina delle suore di clausura, canonichesse regolari lateranensi. Danni gravi anche nella metà delle palazzine moderne, così come nelle cinque frazioni di Pievefavèra, Valcimarra, Croce, Vestignano e Bistocco. Due terzi della popolazione non hanno casa. Molti sono negli alberghi ad Alba Adriatica e Martinsicuro. Altri 200 posti letto in due capannoni antisismici della zona industriale. Ma molti dormono ancora in macchina, perché non vogliono allontanarsi. Il sindaco-farmacista nel pomeriggio incontra il commissario Vasco Errani e il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio. «Bisogna che almeno temporaneamente vadano tutti negli alberghi – scandisce Giuseppetti – soprattutto gli anziani che qui non possono essere utili. Ma abbiamo bisogno presto di container e moduli abitativi, per chi ha attività commerciali o lavora nelle aziende».

«Il mobilificio Pontoni è aperto e i tecnici devono certificarmelo – lamenta un’imprenditrice – perché i clienti mi chiamano per sapere se produciamo. Se no cambiano fornitore». Il sindaco riprende il megafono: «Ringraziamo i nostri angeli dell’Emilia Romagna, che senza di loro...». Parte l’applauso per le si- gnore di Rimini che stanno sfamando i caldarolesi: «Ci siamo passate anche noi...». Giuseppetti riprende: «Passeremo qualche mese alloggiati nei piazzali dell’area industriale. Non dobbiamo disperderci. Qui c’è solo da rimboccarsi le maniche. Mettiamoci in testa che dobbiamo ripartire: uniti, senza polemiche, con orgoglio, ottimismo e determinazione, senza piangerci addosso».

Applausi. Ai tavoli c’è chi ha gli occhi rossi e c’è chi sorride come a una sagra. In mattinata il parroco don Vincenzo Finocchio celebra nel tendone della Protezione civile del Molise. Ragazzi con la chitarra, suore, anziani, volontari della Protezione civile, «i nostri angeli piovuti qui da tutta Italia». «Domenica uscivo dalla sagrestia – racconta – quando ho sentito un boato. La polvere si è mescolata alle mie lacrime. Oggi dovevo indossare i paramenti bianchi, ma ho solo questi verdi del tempo ordinario. In questo giorno ci sentiamo uniti alla moltitudine dei santi che anche in questa terra hanno affrontato tempi difficili di carestia, fame, guerra. E noi dopo 20 anni viviamo una seconda prova collettiva. Il Vangelo ci dice che sono beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. E noi, nonostante le scosse che scuotono anche il nostro coraggio, dobbiamo guardare avanti. E in alto, perché il Signore è vicino al nostro pianto».

Ricominciare è dura. Alessandra, maestra dell’infanzia, ha negli occhi la sua scuola: colpita già il 24 agosto e ora ancora più duramente. A inizio anno le classi si erano trasferite nella palazzina del Ristorante Tesoro. Ora attorno alle finestre coi disegni dei bambini si aprono lunghe crepe. «Ne abbiamo vissuti altri di terremoti – racconta la maestra – coi bambini che si mettevano sotto i banchi. Ma così grave, mai. Oggi ne ho visti quattro con lo sguardo nel vuoto, c’è bisogno di supporto psicologico». E Alessandra, come tutti, ha anche i problemi in famiglia: «Casa è inagibile, avevamo fatto i lavori nel ’97, ci sentivamo sicuri ». Poi ci sono i due figli, universitari a Camerino, che ora rischiano di dover fare i 'fuori sede' a San Benedetto del Tronto, 70 chilometri da qui. «Margherita e Francesco sono ragazzi splendidi, finora si sono mantenuti lavorando come camerieri. Ma così non so se ce la farò col mio stipendio».

È proprio Francesco, 22 anni, studente di legge, ad accompagnarci per un giro degli orrori. «Quello è il Castello Pallotta, ma non ci possiamo avvicinare. Un angolo non c’è più, può crollare in ogni momento. Il 23 ottobre, tre giorni prima, era pieno di turisti per una rievocazione in costume...». Francesco indica la scuola sul corso: «Ha il timpano della facciata sbriciolato». Lo stesso per il monastero delle suore. La farmacia è tutta una crepa. Il municipio uguale. «S.Martino e S.Gregorio sono inagibili ma hanno retto. Che dici, sarà un segno? ».

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