martedì 7 maggio 2019
I ritardi nella ricostruzione, le incertezze sul lavoro, l’uso dei fondi per i territori: i comitati dicono no all’immobilismo e annunciano una mobilitazione a Roma il 18 maggio
Una parte della zona rossa nel centro storico di Norcia, dopo il sisma del 2016

Una parte della zona rossa nel centro storico di Norcia, dopo il sisma del 2016

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Non possono più sopportare l’immobilità del governo, né i selfie e le passerelle, e non possono più stare fermi ad assistere allo spopolamento dei territori dove ancora la ricostruzione non parte: per questo scenderanno in piazza a Roma, davanti Montecitorio, i terremotati delle quattro regioni del Centro Italia colpite dalle scosse del 2016. La manifestazione è in programma per il 18 maggio, con raduno alle 9.30 in piazza del Popolo. Poi i partecipanti si sposteranno in piazza Montecitorio.

«Ora o mai più, su la testa, non abbiamo governi amici», questo lo slogan della protesta, per una ricostruzione veloce, partecipata e democratica, per il lavoro, il reddito e la dignità dei terremotati, per la trasparenza nella gestione dei fondi pubblici. «Tutti a Roma», dunque, perché «c’è una parte dell’Italia dove il tempo si è fermato – scrivono dal coordinamento comitati terremoto centro Italia –. Nel cuore dell’Appennino la ferita del sisma è ancora aperta. Noi non abbiamo governi amici. Siamo scesi in strada nei nostri territori, siamo scesi in piazza a Roma. Abbiamo protestato ma abbiamo anche proposto. Abbiamo scritto emendamenti alle leggi, partecipato a infinite riunioni, i governi si sono alternati ma la risposta è stata sempre la stessa: una ricostruzione inesistente, un modello di ricostruzione che è imploso su se stesso e che andrebbe cambiato radicalmente perché inadatto, la mancanza di visione e programmazione a medio termine. Insomma l’assenza del governo, quelli di prima e quelli in carica che solo un anno fa avevano promesso cose che poi non hanno mantenuto».

E intanto, il Centro Italia colpito dal terremoto continua a morire lentamente, giorno dopo giorno da due anni e mezzo, denunciano i comitati. «Perché chi aveva un lavoro, non lo ha più». Proprio il lavoro è uno dei temi principale su cui insistono gli organizzatori. «Migliaia di posti di lavoro, aziende artigiane, agricole, commercianti, costretti a chiudere con pochissime possibilità di riaprire. Perché chi lo ha ancora, inizia a perdere la speranza in un futuro di queste terre, soprattutto i giovani. Non abbiamo bisogno di grandi opere inutili ma di un aiuto concreto a ricostruire e rigenerare la bellezza dei nostri luoghi e la ricchezza che ne deriva per l’Italia intera». «Siamo stanchi – incalzano i terremotati – di un governo assente che promette e non mantiene e lascia al proprio destino un territorio così vasto dell’Italia centrale tra Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. Siamo stanchi di chi usa i soldi destinati ai terremotati (sms solidali, fondi europei) come bancomat per altri fini. Siamo stanchi di passerelle e selfie. Per tutti questi motivi, il coordinamento terremoto centro Italia scende in piazza a manifestare. Invitiamo tutti coloro che condividono le nostre ragioni a sostenerci. Non lasciateci soli».

Per quanto riguarda gli sms solidali, ci sono state forti polemiche per la questione dell’assegnazione dei fondi; in un primo momento, si era proposto di utilizzarne larga parte per la realizzazione di una pista ciclabile. Ma era esplosa una rivolta popolare, a parole, e la Regione si era vista costretta a tornare sui propri passi, riassegnando quei fondi a opere più inerenti la ricostruzione vera e propria. Altre proposte ci sono state anche per assegnazioni più recenti.
E sono già molte le telefonate che stanno arrivando ai portavoce del coordinamento comitati terremoto centro Italia: chiedono da dove partono i pullman, in tanti vogliono esserci, stanno chiamando anche da Roma. I comitati vogliono coinvolgere tutte le parti della società civile, dai sindacati alle associazioni, dagli ordini professionali ai cittadini interessati in prima persona, sfollati e non. «Dobbiamo esserci tutti» è l’invito di uno dei portavoce, Roberto Micheli.

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