sabato 2 aprile 2011
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Di fronte all’emergenza umanitaria della Libia, tutti devono fare «uno sforzo di solidarietà». L’atteggiamento di chiusura non è ammissibile, a nessun livello. Personale, istituzionale e comunitario europeo. Inoltre, negli interventi armati, bisogna stare attenti a salvaguardare l’incolumità dei civili. Per quanto riguarda, invece, il clima politico italiano, «serve maggiore serenità». E in questo senso è positivo il richiamo del Capo dello Stato. Così monsignor Mariano Crociata ha risposto ieri alle domande dei giornalisti, in merito ai lavori del Consiglio permanente. Il segretario generale della Cei, com’è tradizione, ha tenuto una conferenza stampa per illustrare il comunicato finale dei lavori (che Avvenire pubblica integralmente) e si è soffermato sui temi dell’attualità. Temi che – come appunto quello della crisi libica e delle sue ripercussioni umanitarie – hanno trovato largo spazio all’interno del "parlamentino" della Cei, riunitosi a Roma da lunedì a mercoledì scorso.Emergenza umanitaria. «Dobbiamo fare tutti uno sforzo per rispondere all’appello di persone che rischiano la vita e sono in pericolo già nei loro Paesi, a causa di situazioni sociali incandescenti», ha affermato il vescovo. Ma il problema va inquadrato soprattutto in una «prospettiva di lungo termine», giacché è destinato a ripetersi, e in un’ottica europea, poiché «le nostre coste mediterranee sono i confini meridionali di tutta l’Europa», ha detto chiosando un pensiero già espresso dal cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco. «L’Ue non può limitarsi agli aspetti economici – ha aggiunto Crociata –, ma deve saper lavorare insieme anche su quelli sociali, trovando un metodo comune e rafforzando così la coesione interna». Emergenze come quella presente, infatti, «superano le possibilità di un singolo Paese» e vanno affrontate in sede comunitaria.In Italia, comunque, «dobbiamo assumere un atteggiamento di accoglienza che già abbiamo dimostrato negli anni passati, nonostante il momento di crisi. Non dobbiamo oscillare tra estremi così lontani – ha aggiunto, monsignor Crociata – come un’isola che vede in poco tempo praticamente raddoppiata la sua popolazione e zone che magari per esigenze di tranquillità non si dispongono ad accogliere». Di qui il suo appello a «non chiudere gli occhi di fronte al volto del prossimo disperato». «Purtroppo – ha osservato – assistiamo a reazioni varie, persino contraddittorie, che dicono che la cultura dell’accoglienza deve crescere ancora da noi e un po’ dappertutto».Proteggere i civili in Libia. A chi gli chiedeva come interpretare l’appello a «fermare le armi», monsignor Crociata ha risposto: «La nostra preoccupazione riguarda i civili inermi e in pericolo, davanti a sconvolgimenti nel loro Paese e poi per i danni di interventi militari non sufficientemente attenti a tutelare l’incolumità dei civili». L’intento dei vescovi, infatti, è quello di «proteggere le esigenze dei deboli e dei più esposti».La situazione politica. I vescovi, ha detto il segretario generale della Cei, ripetono il loro appello alla serenità. Va in questa direzione anche «il richiamo del Capo dello Stato alle forze politiche». Occorre, infatti, «esercitare le responsabilità verso la collettività con la maggiore serenità possibile. Uno sforzo richiesto a chiunque occupi ruoli pubblici». Quanto ai cattolici politici, «fatta salva la scelta che compete a ogni singolo rappresentante del popolo – ha fatto notare Crociata – quello che la Chiesa pone come esigenza trasversale è l’impegno a tenere fede ai valori irrinunciabili per la coscienza del credente».
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