mercoledì 23 giugno 2021
Dentro l’emergenza educativa della città umbra, dopo i casi di un anno fa. Il procuratore Liguori: alla domanda di sballo che aumenta, non corrisponde una programmazione terapeutica individualizzata
Il procuratore: «Non basta dire che la droga fa male. Servono risposte»

Ansa

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«La nostra è una società distratta, che sembra non avere tempo per ascoltare i giovani». Si apre con una constatazione amara la riflessione di Alberto Liguori, procuratore della Repubblica di Terni, a quasi un anno dai tragici fatti di droga che hanno avuto per territorio simbolo questa provincia, con la morte di tre giovanissimi: Flavio Presuttari, Gianluca Alonzi (7 luglio) e Maria Chiara Previtali (10 ottobre). Una vicenda, quella di questa terra, che racconta in profondità quanto l’emergenza stupefacenti fra i giovanissimi sia diffusa e non accenni a diminuire. «A Terni c’è sicuramente l’offerta di sballo, che evidentemente risponde ad una domanda » dice Liguori.

Procuratore, in questi mesi si sono moltiplicati gli episodi di droga che hanno visto vittime i giovanissimi, in Italia e in particolare nel terna- no. Cosa sta succedendo?
Succede che la nostra è una società distratta, impegnata negli affari quotidiani, che non ha tempo di ascoltare i giovani. Quante volte quando i nostri figli ci chiedono aiuto per un disagio, la nostra risposta è: 'Non ho tempo, ne riparliamo?'. Manca una cellula suppletiva, che si sostituisca alla famiglia e questo mi sembra il segno evidente di un disinteresse verso questi temi. Servirebbe un monitoraggio continuo, mentre invece se ne parla solo dopo le tragedie. Non basta dire che la droga fa male, quello lo sappiamo tutti. Quali sono le iniziative concrete? Le risposte non stanno certo nei convegni perché mancano i destinatari veri, che sono i giovani. Per esempio, si potrebbe chiedere ai giovani come vorrebbero fosse disegnato il loro futuro. Dopo la scuola, dopo i compiti, cosa c’è per i giovani?

La provincia di Terni fa registrare dati altissimi nelle statistiche sulla quantità di stupefacente sequestrato in Umbria. È un campanello d’allarme forte...
Purtroppo la situazione logistica fa di Terni una location privilegiata, visto che si trova sulla direttrice per Roma. Non vorremmo che Terni fosse diventata nel frattempo una centrale di stoccaggio, l’antimafia se ne sta interessando. Certamente, la frequenza delle operazioni che comportano misure cautelari per droga è molto alta, ne abbiamo registrate altre due solo la scorsa settimana: è il segnale che c’è una offerta permanente di stupefacente in città, destinato in particolare ai giovani.

Il procuratore di Terni, Alberto Liguori

Il procuratore di Terni, Alberto Liguori - .

In audizione presso la commissione infanzia del Senato facendo riferimento ad Aldo Romboli, il pusher che ha venduto il metadone a Flavio e Gianluca, ha chiamato in causa i Serd.
Non voglio criminalizzare questo segmento della medicina territoriale, ma anche qui vedo un disinteresse generale, di tutto l’apparato statale. Confesso di non aver visto, dopo i fatti di Terni, le modifiche al protocollo sanitario, che risale al 2020. A una domanda di sballo che aumenta, non corrisponde una programmazione terapeutica individualizzata, si va avanti con solo la routine. Leggo i dati che parlano di una forte opzione verso le terapie farmacologiche, segue molto distanziata quella colloquiale e sociale mentre le comunità, dove c’è una offerta plurispecialistica che di solito su chi delinque dà buone risposte, sono all’ultimo posto. Penso ci sia la necessità di capire le modalità con cui questi servizi forniscono la terapia ai tossicodipendenti e verificare quale uso venga fatto delle sostanze che vengono a loro date. Quanti pusher come Aldo ci sono a Terni e nelle province italiane? Quanti per ogni quartiere? Si uccide anche dando una sostanza stupefacente autorizzata a qualcuno.

A questo proposito, il 7 luglio prossimo ricorre un anno dalla morte di Flavio e Gianluca…
Ci saranno sicuramente fiaccolate, eventi e celebrazioni ed è giusto. Ma l’importante è quello che succederà il giorno dopo, una volta spente le luci. In questo anno non c’è stato un disegno di legge, una proposta di legge, una direttiva regionale o nazionale, una modifica dei protocolli terapeutici, una iniziativa che inviti ad una rigorosa osservanza degli stessi. So che la commissione antimafia regionale sta lavorando su questi temi e sono fiducioso perché poi sono i territori che fanno muovere la giurisprudenza nazionale.

C’è chi dice che legalizzare le droghe leggere toglierebbe soldi alla mafia e aiuterebbe a combattere il fenomeno. Lei che ne pensa?
Il mio mestiere è applicare una legge, non sono un tifoso pro o contro una tesi, nè ho gli strumenti ed i titoli per fare una valutazione. Pertanto mi limito a prendere atto di ciò che decide lo Stato. Personalmente, non credo che liberalizzare le droghe leggere ridurrebbe la domanda di stupefacenti. Certamente, la domanda di droghe leggere è molto alta, anche se poi bisogna mettersi d’accordo su cosa si intenda per droghe 'leggere' e riflettere sull’uso quotidiano delle stesse, che porta a degli effetti 'collaterali'.

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