martedì 29 marzo 2022
Stefano Lo Russo: «Abbiamo deciso di abbassare di due gradi la temperatura negli uffici comunali e di un grado la temperatura nelle scuole. La Mole Antonelliana spenta l’11 marzo?
Stefano Lo Russo

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I simboli e la sostanza. Il simbolo a Torino è la Mole Antonelliana, spenta l’11 marzo. «È stato un segnale, l’occasione per dare forza a un messaggio» spiega Stefano Lo Russo, da cinque mesi primo cittadino del capoluogo piemontese. «In queste settimane stiamo cercando di dare il nostro contributo, nella linea del contenimento e della responsabilità sul versante del consumo energetico» aggiunge. La sostanza è l’aumento esponenziale dei costi, «per le famiglie e per i Comuni. Occorre una strategia di contrasto, da varare al più presto. L’incertezza è grande e durerà almeno fino alla fine del conflitto, che ci auguriamo sia la più vicina possibile». Per i sindaci, la guerra in Ucraina sta diventando dunque un’occasione per ripensare le proprie comunità. Sobrietà e accoglienza saranno le parole-chiave dei prossimi mesi e Torino è stata tra le prime città a muoversi.

In quale direzione?
Uno dei primi obiettivi è stato il contenimento della spesa energetica per gli uffici comunali e il risparmio sull’illuminazione pubblica. Sono misure transitorie dal valore simbolico, ma avranno un impatto diretto per chi studia e per chi lavora nelle nostre città: abbiamo deciso di abbassare di due gradi la temperatura negli uffici comunali e di un grado la temperatura nelle scuole, riducendo di circa 20 minuti al giorno l’illuminazione pubblica. Poi stiamo lavorando con Iren, la nostra ex municipalizzata e oggi società quotata, per dare ulteriori indicazioni alla cittadinanza. Dobbiamo raggiungere comportamenti consapevoli in materia di consumi, interpretando questa nuova stagione all’insegna della massima sobrietà possibile. Questo vorrà dire anche in futuro riqualificazione del patrimonio energetico comunale e potenziamento della rete del teleriscaldamento, che già oggi serve circa 600mila persone.

Sul medio periodo, invece, cosa sarà necessario?
È la lezione che sta ricevendo l’intero sistema Paese: abbiamo uno strutturale problema di approvvigionamento energetico che va affrontato e risolto. Il rincaro delle materie prime ha conseguenze già ben visibili sui costi dei nostri cantieri, ad esempio. La nostra politica energetica dovrà perciò essere rimodulata nell’ottica della diversificazione delle fonti e dei consumi. Al momento il sacrificio per noi è sostenibile, ma non sappiamo come cambierà lo scenario nei prossimi mesi. Il rincaro delle bollette colpisce anche i Comuni e nel nostro bilancio previsionale abbiamo messo in cantiere una cifra pari a 30 milioni da coprire, sperando che siano risorse sufficienti. Auspichiamo un intervento massiccio del governo, in recepimento a quanto chiesto dall’Anci.

Come stanno reagendo i torinesi alla richiesta di una maggior responsabilizzazione?
Torino sta rispondendo in modo straordinario, a partire dal coinvolgimento delle persone. in migliaia si sono mobilitati nella raccolta del cibo per le popolazioni colpite, nell’organizza-zione logistica delle spedizioni verso il confine di guerra, nella risposta all’emergenza umanitaria. Non facciamo tanto clamore, ma siamo convinti di essere un’eccellenza.

Si teme però una nuova ondata di profughi, dopo la prima fase, con l’ospitalità spontanea di tante famiglie.
È vero, stiamo lavorando con la cabina di regia regionale e va detto che la gestione dei profughi ha diversi livelli di criticità. Sono già stati attivati presidi per l’idoneità sanitaria e ambientale, nei vari luoghi d’accoglienza. I fronti aperti sono due: da un lato gli inserimenti scolastici dei bambini, dall’altro gli inserimenti lavorativi per chi starà qui più a lungo. Se poi il numero degli arrivi dovesse essere più alto di quanto preventivato, è chiaro che il modello organizzativo dei Cas, i Centri di accoglienza straordinaria, non basterà e dovremo pensare a percorsi complementari e alternativi.

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