venerdì 5 luglio 2019
Accade a Lumezzane, nel Bresciano. Alla richiesta dell'azienda, ha subito risposto un fornitore: «Una scelta anacronistica e molto preoccupante»
La email in cui si chiede di non inviare corrieri di colore (Ansa)

La email in cui si chiede di non inviare corrieri di colore (Ansa)

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«Chiediamo tassativamente, pena interruzione del rapporto di fornitura con la vostra Società, che non vengano più effettuate consegne utilizzando trasportatori di colore e/o pakistani, indiani o simili». È il testo della mail - che ha scatenato non poche reazioni - inviata nei giorni scorsi ai fornitori dalla Chino Color srl, azienda di Lumezzane, nel Bresciano, attiva nel settore dei trattamenti galvanici. Una richiesta accompagnata da una specifica: «Gli unici di nazionalità estera che saranno accettati saranno quelli dei Paesi dell’Est, gli altri non saranno fatti entrare nella nostra azienda, né saranno scaricati». Da Torbole Casaglia è partita subito la risposta della Dtm-Deterchimica srl (prodotti e servizi di pulizia), 36 tra dipendenti e collaborati compresi alcuni extracomunitari. «Eravamo impegnati in un meeting quando è arrivata la mail – spiega Matteo Zanotti, ammini-stratore delegato dell’azienda della Bassa Bresciana –: è stato un autentico fulmine a ciel sereno. Una scelta anacronistica e preoccupante, soprattutto considerato il momento che stiamo vivendo. Nella mia lunga esperienza lavorativa, non mi era mai successo un episodio del genere, se non in forma verbale. Da noi conta la professionalità, non il colore della pelle. Non so se il rapporto di fornitura si interromperà, comunque, nel caso, non avrei dubbi...».

Se l’azienda lumezzanese si limita a un «nulla da dire», mentre un dipendente ipotizza «solo uno sfogo» dei vertici della società legato all’attività di carico e scarico, «che ha fatto partire la mail», diverse sono le reazioni innescate dalla vicenda. Roberto Zini, vice presidente dell’Associazione industriale bresciana con delega per Lavoro, Relazioni industriali e Welfare, parla di «episodio deplorevole, che si commenta da solo. Bene ha fatto l’altra società a prendere le distanze». Zini ricorda che nelle aziende bresciane gli immigrati sono il 18% del totale, rappresentano 20 nazionalità e il 30% degli avviamenti al lavoro è straniero. «Brescia è una palestra di integrazione e lavora in questa direzione. Il tema dell’inclusione sociale diviene uno snodo fondamentale per lo sviluppo sostenibile». Alberto Pluda, leader della Cisl bresciana, condanna a sua volta l’episodio e sottolinea l’importanza «di lavorare per la solidarietà, l’inclusione e la partecipazione». Enzo Torri, vice direttore dell’Ufficio per l’Impegno sociale della diocesi di Brescia parla di una vicenda «completamente fuori dal mondo: significa non capire dove stiamo andando».

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