venerdì 16 luglio 2021
Il deputato Pd: col nuovo assetto dato ai rapporti con la Guardia costiera libica uno dei compiti che la missione dovrà assumersi è quello del contrasto al traffico di esseri umani e di armi
Graziano Delrio

Graziano Delrio - Ansa

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«Bisognava uscire da un’esperienza rivelatasi fallimentare, ma non abbiamo arretrato, anzi». Graziano Delrio, da ex capogruppo alla Camera ed ex ministro delle Infrastrutture, difende con convinzione la proposta del Pd, inserita nella risoluzione di maggioranza sulle missioni internazionali, inerente la cooperazione dell’Italia con la Guardia costiera libica che andrà ora trasferita gradualmente alla missione europea Irini.

Questa scelta però ha subito critiche, c’era chi voleva la sospensione immediata.

Abbiamo votato con grande ritardo le missioni 2021 che sono già in corso. Usiamo i pochi mesi restanti del 2021 per preparare la svolta. Bisogna convenire che questa esperienza di collaborazione fra la Guardia di Finanza, sotto la guida del nostro ministero dell’Interno, e la guardia di costiera libica non ha funzionato come ci si attendeva.

È anche accaduto che le nostre motovedette in dotazione alla Guardia costiera libica abbiano aperto il fuoco contro i nostri pescatori...

Sono tutti segni di una collaborazione finita di fatto fuori controllo. Per paradossi come questi, ma soprattutto per le gravi violazioni dei diritti umani nei campi libici, denunciate dall’Onu come dal vostro giornale, è necessario dare un forte segnale di discontinuità se si ha a cuore, per davvero, il rispetto dei diritti universali e il salvataggio della gente in mare. E noi lo abbiamo fatto, superando qualche difficoltà, con la convergenza di tutta la maggioranza: dal gennaio 2022 la 'scheda 48' non vi sarà più.

C’è chi dice che si è interrotta una missione senza aver chiaro come sostituirla.

Non posso esser tacciato di insensibilità a questi temi, visto che, da ministro delle Infrastrutture con precise responsabilità sulla gestione dei porti, ho potuto contribuire con la Guardia costiera a trarre in salvo mezzo milione di migranti. Nel rifinanziare le missioni del 2021, che ormai volge al termine, si doveva cambiare pagina, se si vuol partire dal prossimo anno su basi nuove.

Non si delega tutto alla Ue?

Ma è stata l’Onu a responsabilizzare sulla Libia l’Europa , che con la Conferenza di Berlino del gennaio dello scorso anno ha affidato la repressione del traffico di armi ed esseri umani all’Operazione Irini - Eunavfor Med, che fra l’altro è a guida italiana. Non abbassiamo la guardia, né ci voltiamo dall’altra parte, tutt’altro. Abbiamo dato solo concretezza a una risoluzione dell’Onu, la 2240, e a un impegno assunto dall’Unione di farsi carico della frontiera Sud, non lasciando solo il nostro Paese. Ma restiamo in prima fila nell’attuazione di questi obiettivi.

Draghi si è impegnato sullo smantellamento dei campi di detenzione in Libia.

Un fatto importante. E noi riteniamo che presto il Parlamento debba discutere di questo e di corridoi umanitari rafforzati. La vergogna deve finire. La nuova missione libica di Irini, che non rappresenta un palliativo ma semmai un chiaro salto di qualità rispetto alla precedente, dovrà assumersi, insieme all’embargo sul traffico di armi, un deciso contrasto del traffico di esseri umani. Solo disarmando e espellendo milizie straniere la Libia sarà pacificata.

Restano le incognite sul futuro della Libia.

C’è una tregua da marzo cui dare continuità, in vista delle elezioni democratiche in programma per fine anno. La Ue dovrà farsi garante di questo complesso processo. La Libia ha bisogno di una forte presenza europea e l’Europa ha bisogno che il Mediterraneo sia un grande mare di pace e civiltà, non di guerra e morte. ©

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