mercoledì 3 agosto 2016
Su una popolazione di 10.500 detenuti islamici, alcune decine hanno mostrato interesse o adesione al fondamentalismo. Ma alcuni, grazie a trasferimenti e iniziative mirate, sono stati "deradicalizzati". Orlando: rischio basso (Nello Scavo)
Nelle carceri 345 potenziali mujaheddin

ANSA

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Quello del radicalismo nelle carceri italiane non è un problema nuovo. Un indottrinamento fai-da-te che matura soprattutto tra i detenuti nordafricani, che costituiscono il gruppo di stranieri più esposto alle sirene della jihad. "Sono complessivamente 345 i detenuti interessati dal fenomeno della radicalizzazione in carcere, di cui è possibile fornire una distinzione in base al grado di pericolosità”, ha spiegato ieri il ministro della Giustizia, Andrea Orlando. “Tra questi, 93 per i quali non sono emersi segnali concreti di radicalizzazione, restando però sospettati e sottoposti ad osservazione. E 99 che, pur non ancora classificati come radicalizzati, hanno manifestato atteggiamenti di approvazione in occasione degli attentati di Parigi, del Belgio e di Dacca". In altre parole 153 sono i detenuti classificati “a forte rischio di radicalizzazione”, di cui 39 sottoposti al regime detentivo di Alta Sicurezza, essendo imputati per reati di terrorismo. Per quanto costituiscano una potenziale minaccia, si tratta comunque di una minoranza. I ristretti provenienti da Paesi islamici sono 10.500, quanti professano la fede muslmana sono circa 7.500.  Perciò secondo Orlando “i dati acquisiti attraverso il monitoraggio in corso mostrano che la situazione in Italia non è così allarmante come quella di altri Paesi europei", ma "non possiamo permetterci di sottovalutare nulla, perché il carcere è un luogo dove si realizzano forme di radicalizzazione rapida e perché si tratta di soggetti vulnerabili” a causa soprattutto delle forme di esclusione ed isolamento, che costituiscono un terreno fertile per sfogare le frustrazioni aderendo al fondamentalismo.In alcuni casi è stato scelto di modificare il regime detentivo, separando i ristretti esposti al rischio di radicalizzazione dai gruppi di altri islamici, e questo “ha prodotto ­ - assicura Orlando – casi di de radicalizzazione”. La conferma che “decontestualizzando il soggetto radicalizzato attraverso un trasferimento presso un altro Istituto, questi ha cambiato completamente comportamento, abbandonando le posizioni estremiste assunte in precedenza".

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