mercoledì 11 settembre 2019
Viaggio nella provincia di Caserta, che continua a bruciare nonostante le promesse della politica. La rabbia della gente: «Gli sversamenti continuano giorno dopo giorno». E la gente muore
Sversano ancora senza sosta. Carcasse d’auto e scarti di ogni tipo, anche tossici (Foto Ciociola)

Sversano ancora senza sosta. Carcasse d’auto e scarti di ogni tipo, anche tossici (Foto Ciociola)

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Cenere, qualche sbuffo di fuoco. Odore nauseabondo, lo stesso, uguale, da anni, stoffe bruciate, filtri di carburatori, barattoli di vernice, amianto a cielo aperto, immondizie da casa. A pochi metri serre. Ancora caldo forte, gola che brucia, di tanto in tanto un filo della solita nausea, polvere a mezz’aria, ogni bottiglietta che finisce troppo presto e ogni tanto fumo denso che si alza da qualche parte. Terra nera. Dei fuochi. Dei giochi, assassini.

Bruciata e fuga. Vecchia, vecchissima storia. Mordi e scappa. Roghi veloci e chirurgici. Sversano scarti pericolosi con il camion o con qualche Apecar (quest’ultimo quasi sempre senza targa, molto spesso intestato a defunti), poi li incendiano subito o con calma più tardi o domani. Nelle strade e stradine a scartamento ridotto e chi semmai capitasse, si girerebbe. Molta provincia di Caserta, altrettanta di Napoli. Con la ciliegina del Parco nazionale del Vesuvio massacrato.

Inquinatori e sbeffeggianti. Provate a salire per esempio nei boschi al confine tra i comuni di Torre del Greco e Trecase e scoprirete carcasse di macchine, scarti tessili ed edilizi, rifiuti (pericolosi) di ogni tipo. Addirittura dalla vegetazione spunta fuori metà d’un motoscafo che sta qui da una quindicina d’anni. Se avete tempo, vale la pena anche un giro sul fronte invece ercolanese, lì c’è una strada tappezzata di stracci e scarpe e alla fine una grossa balla, sempre di tessuti, con annesso sberleffo. Qualcuno ha attaccato sopra un documento ufficiale preso chissà dove: «Area sottoposta a sequestro preventivo», si legge (firmato dal "Raggruppamento Carabinieri parchi - Sezione Torre del Greco"). Inquinano e si divertono pure a prendere in giro.

Già contaminate 30 anni fa. A proposito, giusto trent’anni fa, agosto del 1989, chiusero l’azienda dell’acqua "San Ciro" e finirono sotto inchiesta anche le acque "Vesuvio" e "Faito". Un campione prelevato alla sorgente nel Vesuvio svelò un gran tasso d’inquinamento da coliformi e streptococchi, Legambiente spiegò che per anni qui erano stati gettati rifiuti d’ogni genere e alla fine troppo peso aveva sfondato i pozzi neri, con buona pace e contaminazione delle acque minerali. Riunioni e impegni (di pare cchi, variamente colorati governi e relativi ministri) per spegnere i fuochi di questa terra vanno invece avanti da meno, appena una decina d’anni.

«Incinta? Occhio a cosa mangi». Stessi posti calpestati da molto tempo. Sempre uguali. Inspiegabilmente. E già che ci siamo, stessa intervista sei anni dopo. Nel 2013 spiegò che «siamo costretti nel nostro territorio a cambiare le abitudini alimentari delle donne incinte», Nunzio Pacilio era capo del Dipartimento di Ostetricia e ginecologia dell’Asl Napoli nord. Adesso è referente per la Campania della Società italiana di diagnosi prenatale. Va quasi peggio: «Quel che dicevamo in pochi, sei anni fa, adesso viene detto in ogni studio ginecologico», cioè alle donne in attesa raccomandano di mangiare frutta solo di stagione e solo sbucciata e di metter da parte le verdure.

Sempre più sterili. Racconta quanto siano troppi gli aborti spontanei e troppe le malformazioni. Infine arriva alla «nota dolente», come la chiama, secco. Le sterilità. Soprattutto maschili. «Nel nostro territorio la possibilità di concepimento è ridotta. È indubbio». Pacilio spiega: «I nostri genitori avevano circa trenta milioni di spermatozoi per millilitro di liquido seminale, i giovani italiani ne hanno fra venti e venticinque, nei ragazzi delle nostre parti ne troviamo mediamente fra quindici e venti milioni». Magari, per carità, non sarà colpa dell’inquinamento. Soltanto.

«Dobbiamo morire». Non sanno più cosa fare, a chi chiedere aiuto o con chi prendersela. E nemmeno come lottare per ottenere qualcosa. La rassegnazione non vince, però si insinua facile e sta masticando più di qualcuno. «Mi chiedi come si esce da questa storia? Solo morendo. Non c’è altro modo», risponde tagliente, certa, Marianna Ciano, che fa parte dell’associazione Ambiente, salute Vesuvio. Ne fa parte anche Giuseppe Pizzo: «Nonostante i quarant’anni di lotte con la gente e le associazioni ambientaliste, qui è come combattere contro un muro. Non c’è niente da fare. E gli sversamenti continuano giorno dopo giorno».

Camorra e politica. Don Maurizio Patriciello invece è arrabbiato: «Nulla è cambiato. In questi giorni abbiamo contato decine di roghi tossici, ancora una volta, e la diossina è già nei nostri polmoni. È inutile continuare questo scaricabarile che umilia prima di noi, umilia loro stessi». Così il parroco del Parco Verde a Caivano lancia l’ennesimo appello: «Ai camorristi, che ci stanno sul collo con questo fiato puzzolente da decenni, che hanno distrutto la nostra terra, le nostre vite, le vite dei vostri figli». Ma è anche «ai politici, che abbiamo votato, ai quali abbiamo dato fiducia, il compito è vostro».

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