venerdì 15 luglio 2016
​Quattro in manette a Reggio Calabria , chiesto l'arresto di un Senatore. Gli incroci tra criminalità e politica
'Ndrangheta, scoperta la Cupola dello Stretto
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Una cupola segreta per infettare progressivamente le istituzioni, locali e nazionali, determinando gli esiti elettorali a Reggio Calabria dal 2002 al 2010. La “Santa” ha finalmente nomi e cognomi a cui attribuire l’indirizzo strategico della ’ndrangheta unitaria.Un governo guidato da Paolo Romeo, avvocato ed ex deputato, sulla cui figura ruotano le ultime indagini, “Fata Morgana” e “Reghion”, del pool investigativo della procura di Reggio Calabria e che vanno ad unirsi, con la stessa simbiosi che unisce la Riservata e la Provincia (intesa come sistema verticistico della ’ndrangheta) ai tronconi di indagine, “Il Principe” e “Sistema Reggio”, sulla famiglia dei De Stefano, i capi indiscussi delle ’ndrine. Ed il secondo componente svelato è proprio Giorgio De Stefano, eminenza grigia del clan. Romeo e De Stefano ricevevano nei loro studi sia professionisti che imprenditori, sia quadri della pubblica amministrazione sia politici per “tirare le fila”. Ma non erano i soli: al tavolo sedevano anche Alberto Sarra, ex sottosegretario regionale, e Francesco Chirico, funzionario pubblico. Quattro componenti che attraverso il controllo del territorio aumentavano, di stagione in stagione, il loro potere.Il pm Giuseppe Lombardo ha vergato duemila pagine di un’ordinanza di arresto dal tono campale: l’operazione “Mammasantissima”, coordinata dai Ros dei Carabinieri, rimette insieme i tasselli di un puzzle. Dall’elezione, nel 2002, di Giuseppe Scopelliti, come sindaco di Reggio Calabria, e Pietro Fuda, come presidente della Provincia, al sostegno di candidati alle elezioni provinciali e regionali. Fino al Parlamento italiano ed europeo, come ad esempio con l’elezione dell’eurodeputato Umberto Pirilli. A Palazzo Madama oggi siede Antonio Caridi, senatore di Forza Italia, sul cui arresto il Senato dovrà pronunciarsi dopo la richiesta della Procura, retta da Federico Cafiero De Raho. Caridi è ritenuto interno alla “Riservata”, ma con ruolo operativo e non decisionale. Voti e soldi, un mare di soldi: «Per prendere novemila, diecimila voti impegnano trecentomila, quattrocentomila euro, ma non a chiacchiere, con i fatti», spiegano i boss di San Luca. La ’ndrangheta, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, agisce in sintonia con la cupola di Romeo e De Stefano. Un quadro accusatorio nuovo, come spiega il Procuratore Capo De Raho: «Prima i politici erano “disponibili”, qui invece abbiamo una componente che forma persone che devono domani occupare determinate postazioni».L’indagine nella sua ricchissima componente indiziaria, fatta di oltre cinquecentomila intercettazioni ambientali e telefoniche, ritrae la disinvoltura con cui si preparano strategie sibilline. Come quando a Palazzo San Giorgio viene ritrovato tritolo nei bagni. Si scoprirà essere una strategia della “tensione” di Romeo e De Stefano. Un “avvertimento” verso il “loro” Scopelliti. Col duplice effetto: da un lato intimidatorio, dall’altro assolutorio. Chi è votato dalla ’ndrangheta è immune da minacce, almeno è questo quello che vogliono fare pensare gli uomini della cupola. Anni, quelli del famigerato “Modello Reggio”, in cui Alberto Sarra creerà legami fortissimi con uomini di punta del centrodestra: da Gianni Alemanno, sostenuto dai clan nella Capitale, a Maurizio Gasparri. Un interesse - quello della ’ndrangheta - di monopolizzare il potere democratico che non farà differenze di alcun colore politico, come dicono Paolo Romeo e un suo interlocutore, in un’intercettazione: «(la ’ndrangheta) ha bisogno di tutti ed utilizza a tutti, ma non si mette direttamente con nessuno». Parlavano molto Romeo, De Stefano, Sarra e Chirico sostituendosi allo Stato in una terra di confine: controllando le imprese, la pubblica amministrazione e la politica.

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