giovedì 24 ottobre 2019
Si alzano il mare e il vento, alcune persone a bordo provate dal mal di mare. L'attesa è sfiancante, le domande sempre le stesse: "Quanto tempo ci vorrà per scendere a terra?"
E il moto ondoso cresce ora dopo ora

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"Posso fare una telefonata a casa? La mia famiglia aspetta mie notizie". "Ma quanto tempo ci vorrà ancora per scendere a terra?". Le domande delle persone salvate aumentano in modo proporzionale al passare dei giorni, e in realtà valgono anche per l'equipaggio che sta condividendo, con loro, da cinque giorni questo limbo imposto alla Ocean Viking.

Peraltro il fatto che la plenaria del Parlamento Europeo abbia respinto a Strasburgo, per soli due voti, la risoluzione sulle attività di ricerca e soccorso in mare (il testo bocciato chiedeva che i porti fossero sempre aperti per chi soccorre i migranti ndr) non lascia presagire nulla di buono. Nel frattempo il mare e il vento si sono alzati e le condizioni meteo sono notevolmente peggiorate. Si continua a "zigzagare" a metà strada tra le isole di Malta e Lampedusa, in un'area che è di competenza di entrambi gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo in un'attesa sfiancante.

Sul deck tira un forte vento e si vedono le onde ingrossarsi, i ragazzi più giovani cercano di distrarsi, giocando a carte, al tiro al bersaglio e creando braccialetti, ma in una giornata di mare grosso è tutto più faticoso: molti soffrono il mal di mare e nonostante l'assistenza medica fornita dall'equipé di MSF restano accuciati a terra per tantissime ore senza riuscire a farne nulla.

Il rifiuto da parte del Maritime Rescue and Coordination Centre di Roma, la centrale che coordina i soccorsi in mare per l'Italia, a collaborare con la nave Ocean Viking per il disimbarco delle persone ha lasciato molto sconcerto a bordo, anche perché il contenuto della email è l'esatto contrario di quanto scritto una settimana prima: allora, in meno di 24 ore, veniva assegnato il porto di Taranto per la discesa a terra delle persone.

Oggi a una settimana di distanza, i giorni passano ma le indicazioni non arrivano. Ecco la fatica sta tutta qui, nel non comprendere cosa possa essere cambiato in una settimana. Il nodo da sciogliere sembra tutto politico: "Qual è la posizione del governo italiano su questo importante e delicato tema?" ha chiesto la parlamentare italiana Maria Stella Gelmini (FdL) commentando la votazione all'Europarlamento che offre una chiave di lettura anche su questa nuova odissea in mare. E l'interrogativo dall'aula del Parlamento italiano arriva fino al ponte della nave di MSF e Sos Mediterranee, rimanendo ancora senza risposta. Oggi a Roma è prevista una riunione con il ministro dell'Interno italiano Luciana Lamorgese e tutte le Ong che operano nel Mediterraneo centrale: a cui parteciperanno anche Sos Mediterranee e MSF. L'esito potrebbe essere determinante per capire quale sarà il destino dei 104 salvati venerdì scorso.

Il caso della Ocean Viking, salpata dal porto di Marsiglia il 3 ottobre in direzione del Mediterraneo centrale e che peraltro aveva collaborato attivamente con le autorità marittime italiane per la ricerca di eventuali sopravvissuti al naufragio del 7 ottobre a Lampedusa, non è l'unico che "agita" il Mediterraneo centrale. AlarmPhone, il call center informale che gestisce le richieste di gommoni in distress e le rilancia alle autorità marittime, ha denunciato il primo caso respingimento operato dalla cosiddetta Guardia costiera libica nell'area Sar maltese.

Mentre la Ocean Viking effettuava il soccorso delle 104 persone ancora bloccate a bordo, venerdì scorso, stando a quanto ricostruito da AlarmPhone, Malta aveva risposto alla chiamata degli attivisti di WatchMed per confermare che si sarebbe occupata di un gommone in avaria con 50 persone a bordo, fuggite dalla Libia.

In realtà, a 110 miglia dalle coste libiche - ma nell'area di search and rescue maltese - invece interveniva la motovedetta libica Fezzan, intercettando il gommone e riportando i 50 naufraghi a Tripoli nel centro di detenzione di Triq al Sikka.

"Malta - ha denunciato AlamPhone - non ha coordinato il soccorso nella sua area di competenza. Anziché inviare una motovedetta ha monitorato la situazione con gli aerei militari", di fatto rifiutandosi di "intervenire per sette ore, dopo aver ricevuto l'allerta", rendendosi complice del respingimento effettuato da libici e, a sua volta, violando le Convenzioni internazionali per i diritti umani.

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