giovedì 2 luglio 2020
Il progetto di formazione e informazione sulle patologie neuromuscolari promosso dal policlinico e dal centro NeMo di Roma serve a valorizzare le giovani malate e chi se ne prende cura ogni giorno
Nasce "Donnenmd" per riconoscere il coraggio di caregiver e pazienti
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Valorizzare il coraggio delle donne malate di patologie neuromuscolari e riconoscere il valore delle caregiver che se ne occupano ogni giorno. Con questo obiettivo nasce "Donnenmd", il progetto promosso dal Centro Clinico NeMO di Roma, area pediatrica, in collaborazione con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, anche per fare formazione e informazione su alcune patologie neuromuscolari ad esordio infantile. Nello specifico, il percorso di informazione si concentrerà sull’atrofia muscolare spinale (Sma), la distrofia muscolare di Duchenne (Dmd) e la distrofia muscolare di Becker (Dmb). Una donna che nasce con una patologia del genere dovrà affrontare le diverse fasi della propria vita e dei propri cambiamenti in presenza di una malattia complessa. Una madre, o più in generale una caregiver di una persona che convive con una patologia neuromuscolare dovrà imparare a gestire giorno per giorno gli aspetti legati alla malattia della propria persona cara.

«Ogni giorno incontriamo donne straordinarie, che nel loro percorso di vita, in modi differenti, si relazionano con patologie neuromuscolari ad esordio infantile: bambine, ragazze, giovani donne, caregiver - spiega Eugenio Mercuri, direttore del Dipartimento della salute della donna, del bambino e di sanità pubblica del Gemelli e direttore scientifico del Centro Clinico NeMO di Roma, area pediatrica - La gestione di questo tipo di patologie richiede molta formazione: una donna informata sulle implicazioni che la malattia comporta, su come questa si evolve è più consapevole e con maggiori risorse nell’affrontare il percorso di presa in carico per se stessa o per la propria persona cara».

Nell’ambito del progetto, verranno organizzati momenti formativi e realizzati e distribuiti materiali informativi di vario tipo su queste patologie. Oltre alla forte vocazione formativa e informativa, il progetto offre un ricco calendario di attività creative (laboratori di scrittura, di fotografia, ecc.) strutturati per target e fascia di età attraverso i quali raccogliere ed esprimere vissuti e talenti.
«Prendersi cura di ogni bimba, giovane donna o mamma che vive l’esperienza di una malattia neuromuscolare, in prima persona o al fianco della propria famiglia, significa accompagnarla nell’affrontare con serenità ogni scelta - aggiunge poi Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NeMO - e il progetto “Donnenmd” è un’opportunità per incontrare il mondo meraviglioso di ciascuna di loro e una preziosa occasione per far conoscere storie di vita straordinarie».

La storia di Sara

Sara è una ragazza solare di 17 anni che vive in Toscana e studia al liceo linguistico. Mille passioni riempiono la sua testa e il suo tempo: il calcio, il basket, i pezzi di Emma Marrone, i viaggi, la fotografia, il mondo della moda e del make-up, le serie TV sui crimini
che hanno stimolato in lei il desiderio di diventare psicologa penitenziaria. Sara convive con l’atrofia muscolare spinale di tipo 2 (Sma), una patologia rara neuromuscolare. «Non vedo la SMA come un mostro, piuttosto come qualcosa che vive dentro di me e che mi ha reso più forte. Non potrei immaginare una persona diversa da quella sono», racconta Sara.
Sara cerca di superare ogni giorno le difficoltà costruendo ponti e progetti a bordo della sua “macchinina” . «Chiamo la carrozzina macchinina perché, da piccola, mia nonna la chiamava macchinina e anche io ho iniziato a chiamarla così perché carrozzina è troppo commerciale. Sempre da piccola chiamavo i tutori scarpe belle perché quando me li mettevo mi facevano stare in piedi e per questo erano per me delle scarpe belle», continua Sara.
Sara lotta ogni giorno contro i pregiudizi legati alla disabilità che lei definisce «nient’altro che una caratteristica fisica» e lo fa costruendo relazioni e passioni anche quando le cose sembrano essere particolarmente difficili o non le permettono di vivere alcune situazioni, come il «semplice» andare in discoteca con le amiche come vorrebbe. Ma Sara non si ferma e sognando la sua
maternità pensa alle mamme che recentemente hanno ricevuto una diagnosi per i loro figli. «Immagino non sia facile per una mamma che riceve la diagnosi di Sma nel proprio figlio, ma io dico che ne vale la pena e che devono combattere. Ne vale la pena perché noi siamo forti e perché un figlio è qualcosa per cui vale sempre la pena», conclude Sara.

La storia di Piera

«Mio figlio Emiliano è nato sulle note della canzone Benvenuto di Vasco e non poteva esserci colonna sonora più adatta». Inizia così il racconto di Piera una donna forte che vive a Latina e ama la pittura, il mare e Vasco Rossi. Non c’è un giorno in cui lei non ascolti un suo pezzo: Vasco riesce sempre a trovare le parole giuste per raccontare le emozioni. Piera è la mamma di Emiliano, un adolescente di 10 anni che convive con la distrofia muscolare di Duchenne, patologia genetica rara che porta alla degenerazione muscolare.
«Nel momento in cui ho stretto Emiliano per la prima volta ho sentito subito un senso enorme di protezione e poi di orgoglio perché in quel momento non è nato soltanto un bambino, ma anche una mamma», racconta Piera. Diventare madri è un percorso meraviglioso e delicato: per Piera la maternità era un pezzo importante della sua esistenza, un sogno desiderato e ricercato fortemente. Ma in questo percorso si è scontrata anche con un dolore enorme, quello della scoperta della distrofia Duchenne in Emiliano.
«Nel momento in cui ho saputo della diagnosi - continua Piera- ho completamente rimosso tutto come se non ci fosse nessun problema. Poi invece ho dovuto guardare in faccia la realtà». Una realtà che ha portato senza dubbio impegno, dolore e preoccupazioni. Un tempo stravolto e riempito da nuove abitudini e azioni quotidiane dai controlli alle terapie. «Quando una mamma affronta la malattia trova la forza per andare avanti per lei e per l’intero nucleo familiare. Solo così non dico che si supera il dolore, ma sicuramente si migliora», conclude Piera.

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