giovedì 2 settembre 2010
Il capo dello Stato ha sottolineato l'urgenza che ha il Paese di darsi una «seria politica industriale nel quadro europeo». Uno strumento fondamentale per affrontare il problema urgente della disoccupazione giovanile.
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«È venuto il momento che l'Italia si dia una seria politica industriale nel quadro europeo, secondo le grandi coordinate dell'integrazione europea». È il monito lanciato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, oggi in occasione dell'inaugurazione a Mestre della nuova piazzetta dedicata a Gianni Pellicani, suo grande amico e compagno di partito scomparso quattro anni fa.Per il capo dello Stato infatti «abbiamo bisogno di questo per l'occupazione e per i giovani che oggi sono per noi il motivo principale di preoccupazione» perchè «attorno alla questione dell'occupazione giovanile si stringono i nodi dell'economia. E oggi -prosegue il capo dello Stato- c'è una nuova categoria di giovani che non sono impegnati nè in processi formativi nè in processi occupazioni nè in processi di addestramento al lavoro».Così, per Napolitano, non c'è dubbio «dobbiamo dare delle risposte su tutti questi terreni tenendo però conto dei limiti stretti in cui si muove l'azione pubblica e tendendo conto delle risorse del bilancio dello Stato, punto ineludibile questo per governo e opposizione».«LA VER A PRIORITA' E' LA CRISI»A leggere i giornali, pare si vada verso una situazione politica «più benigna», ma governo e Parlamento dovrebbero impegnarsi per fronteggiare innanzitutto la crisi economica. Da Venezia, dove ha preso parte a iniziative culturali legate alla Mostra del Cinema, il presidente Giorgio Napolitano non ha mancato di rivolgere alle forze politiche un pressante appello a pensare alle vere priorità del Paese e degli Italiani. Che riguardano i problemi dell’economia e dell’occupazione. Una questione centrale, sulla quale la politica «dovrà per forza impegnarsi». Anche di fronte a segnali contraddittori sullo sviluppo europeo, dove ci sono gli ottimi risultati tedeschi, che però «purtroppo non fanno tendenza». C’è stata la manovra, incalza il presidente della Repubblica, ma «poi c’è la finanziaria, e poi bisogna verificare soprattutto qual è l’andamento della congiuntura sul piano mondiale, europeo e nazionale». L’invito di Napolitano è sembrato a molti commentatori un auspicio a rimodulare le priorità programmatiche del governo, dopo la richiesta del premier Berlusconi di far approvare immediatamente il cosiddetto processo breve. Ma il capo dello Stato si è tenuto prudentemente fuori dalle dispute che hanno animato le vacanze estive. E a un giornalista che gli ha chiesto come avesse vissuto questo mese «politicamente infernale», ha risposto placido che lui cerca di «non sentirsi mai all’inferno». Certo, fa sapere il presidente, sui giornali «c’è una grande molteplicità di idee, di ipotesi su cosa succederà» al governo e alla legislatura. «Attualmente – continua Napolitano –  non c’è che da leggere, cercando di non confondersi quotidianamente troppo le idee. Vi sono tremila punti interrogativi che, poi, a un dato momento, si scioglieranno. Si va verso un’evoluzione più benigna». Ma, per quello che riguarda i suoi compiti istituzionali, il presidente precisa: «Non faccio previsioni. Quando accade qualcosa che coinvolga le mie decisioni, allora rifletto e adotto e motivo le decisioni». Un modo anche per ribadire ai giornalisti che lo tempestano di domande che su provvedimenti discussi come il processo breve non ci saranno forme di trattativa preventiva con il governo, così come si è vociferato sui giornali. Se e quando il testo verrà approvato dal Parlamento e arriverà al Quirinale per la firma, sembra dire il presidente, allora farò le mie considerazioni. E il precedente è quello della legge sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, finita poi su un binario morto: «Su queste cose – spiega ancora Napolitano – ho già detto tante volte, mentre si discuteva della legge sulle intercettazioni: sapete che fine ha fatto quella legge? Siete informati...». Stesso metodo per lo statuto della Regione Veneto, in discussione in questi giorni, che ha provocato dure polemiche tra il governatore leghista Luca Zaia e le opposizioni di centrosinistra per via di alcuni riferimenti (e diritti) riservati in via preferenziale ai cittadini veneti, che i critici considerano contrari alla Costituzione e allo Stato unitario: «Non ne so nulla– risponde Giorgio Napolitano – quando l’avrò letto reagirò». (Giovanni Grasso)
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