venerdì 7 dicembre 2012
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Il Quirinale non partecipa alla cupio dissolvi della legislatura. E l’input per Mario Monti è secco: andare avanti. Nonostante la spina (quasi) staccata dal Pdl, che però per il Colle non si configura in alcun modo come una sfiducia: insomma, «la tenuta istituzionale è fuori discussione». Così, quando è arrivata sul Colle la telefonata di Gianni Letta per chiedere un incontro per Angelino Alfano, questo è stato accordato per stamani alle 10 e 30, confidando, forse, nella classica notte che porti consiglio.Monti si era messo in contatto con Napolitano già dopo il responso mattutino del Senato sul decreto sviluppo, ma la linea decisa dal Quirinale reggeva anche al secondo urto, quello alla Camera sui tagli ai costi delle Regioni, che certificava il cambiamento di linea del Pdl.Napolitano, dopo un pomeriggio al telefono con tutti i leader, non rinuncia all’appuntamento al Campidoglio, al direttivo dell’Anci, l’associazione dei Comuni. E da lì ripete l’appello alla responsabilità che aveva appena inviato a tutte le forze dell’anomala, e ora traballante, maggioranza: un invito a «cooperare responsabilmente a una ordinata, non precipitosa e convulsa conclusione della legislatura e dell’esperienza di governo». Ma, vista l’aria che si respirava alla Camera, ieri, se due erano gli adempimenti chiesti dal Quirinale, già minimali (legge di Stabilità e legge elettorale), ora l’obiettivo diventa ancora più limitato: portare a casa almeno la ex Finanziaria entro la fine dell’anno. Poi si potrà votare anche a febbraio (se non a marzo), ma non certo il 3 insieme alle Regionali, come gli chiederà oggi Alfano, che decide di anticipare la linea del Pdl in serata alla Camera, definendo «folle» non andare all’election day. Dal Colle, oggi, ad Alfano arriverà una risposta chiara, se la richiesta fosse ufficiliazzata: è impraticabile. Perché delle due l’una: se davvero il Pdl non vuole far mancare i suoi voti (anche nella formula striminzita dell’astensione) alla legge di Stabilità, la sua approvazione che impegnerà il Parlamento fino a fine anno non consente di mettere in campo ai primi di gennaio la macchina del voto in appena un mese. Ma anche un altro punto rischia di far calare il gelo, stamattina, sul Colle: il mancato rispetto del governo dei «patti» sulla giustizia, come lamenta Alfano. Il che si riferisce al mancato intervento su intercettazioni e responsabilità civile dei magistrati, ma anche alla formulazione decisa ieri della norma sulla incandidabilità, che non riguarda direttamente Berlusconi, condannato in primo grado sui diritti tv, ma certo vi rientrerebbe se la sua sentenza fosse poi confermata negli altri gradi.Da Napolitano anche un monito al governo, con una concessione importante ai sindaci cui si rivolgeva, ieri sera: «L’Imu – dice – deve andare ai Comuni. Deve essere la base della loro autonomia finanziaria. Ci deve andare nella sua totalità tranne un pezzetto di compartecipazione», avverte.Per il resto, però, dal capo dello Stato solo parole di grande sostegno al governo: «Emergono nodi antichi, non poteva aggiustare tutto in un anno», dice.  Torna a chiedere «una considerazione, obiettiva e serena, del residuo programma di attività nelle due Camere» e dei relativi impegni «inderogabili». E poi, chiarisce, c’è da considerare i tempi necessari per una «proficua preparazione del confronto elettorale».Napolitano «nelle prossime ore» porterà avanti «i conseguenti utili accertamenti». Ma se Alfano insiste sull’election day, dal Colle la risposta che si preannuncia è altrettanto netta: non ci sono i tempi, prima passi la legge di Stabilità. E se si dovesse andare all’amministrazione per dodicesimi per la sua mancata approvazione, il danno per il Paese sarebbe ben più grave del risparmio che comporta l’election day. E a quel punto, avverte il Colle, ognuno si assumerebbe di fronte al Paese le sue responsabilità.
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