mercoledì 18 luglio 2012
È durato circa un'ora al Quirinale un incontro fra il presidente della Repubblica e il capo del governo. Il possibile fallimento della Regione Sicilia e il secondo provvedimento sulla spending review tra i motivi del colloquio.
Sicilia, Lombardo: macché default, stiamo meglio del Piemonte
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Napolitano spiazza tutti nel bel mezzo di un convegno al Quirinale: «Scusate, devo andare, ho un impegno improvviso e urgente con il presidente del Consiglio». Sono le 11.15 del mattino. Per novanta minuti lui e Mario Monti si isolano dal mondo e stendono sul tavolo quattro dossier: i decreti ingolfati alle Camere, le tensioni nei partiti, il caso-Sicilia, l’Europa. L’incontro è anomalo. Il premier sale al Colle senza il sottosegretario Antonio Catricalà. È solo. E ha chiesto lui di parlare con il capo dello Stato, non è stato "convocato". Al Quirinale porta una preoccupazione: «Dobbiamo chiudere tutti i decreti prima della pausa estiva, e ho bisogno di un maggiore aiuto dei partiti». È la richiesta di un’autorevole moral suasion del Colle verso leader distratti da legge elettorale, riforme costituzionali usate come clava per dividere la "strana maggioranza", alleanze future, campagna elettorale, spaccature interne. Leader - questo è il punto - sempre più distanti dall’agenda del governo. Il capo dello Stato annuisce, condivide le ansie per il tour de force al Senato e alla Camera. Assicura che sin dal minuto successivo al loro incontro lavorerà perché tutti i decreti vadano in porto nei tempi stabiliti. Ma anche lui ha una richiesta per il governo: i provvedimenti hanno bisogno di un ritocco su tutti i punti che possono destare tensioni sociali e perdita di rappresentatività delle istituzioni. Università e ricerca innanzitutto. Ma anche ambasciatori e prefetti. E le norme sulla sanità devono essere accompagnate da ampie e fondate rassicurazioni sull’assenza di pericoli per il diritto alla salute. Sono i punti caldi della spending review, il pacchetto di misure più significativo agli occhi dell’Europa. E Monti assicura il suo impegno, ovviamente «a saldi invariati». Spinoso anche il caso-Sicilia. Napolitano era stato informato della decisione di Monti di scrivere al governatore Raffaele Lombardo. E condivide l’idea per cui solo un esecutivo non politico può scardinare le muraglie che separano Stato centrale e autonomie. «Bisogna fare presto, nessuno in Europa deve pensare che ci sia una grande regione in procinto di fallire», incalza il capo dello Stato. Il riferimento è ad un allarmante articolo del Financial times, l’ormai inflessibile fustigatore anglosassone di ogni problema italiano, il gran suggeritore dei mercati finanziari. Poche ore dopo il Tesoro sbloccherà 400 milioni che Palermo vantava come crediti dall’amministrazione centrale. L’Europa è il filo rosso. Entra in ogni discorso. Napolitano e Monti confermano un «europeismo convinto e sincero», ma cominciano a titubare sulle reali intenzioni degli altri leader del Vecchio Continente. Perché la Merkel frena su ogni possibile svolta? Cosa vogliono davvero i Paesi virtuosi del Nord? C’è qualcuno che dall’interno scommette contro l’euro? Domande con una sola risposta: «L’Ue non può nascondersi, se non interviene presto e con decisione ogni nostro sforzo rischia di essere inutile», ammettono i due. Dunque all’Eurogruppo di domani e al prossimo Consiglio Ue del 25 lo scudo anti-spread non dovrà "evaporare" nella vaghezza, allo stesso tempo va tenuto caldissimo il fronte con la Bce perché ci sia sempre un ombrello protettivo contro possibili attacchi ferragostani della speculazione al debito pubblico italiano. E parte integrante del piano contro l’"agosto delle paure" è anche il nuovo decreto in incubazione nelle stanze del ministro Piero Giarda e dei professori Francesco Giavazzi e Giuliano Amato: una profonda ristrutturazione della presenza dello Stato sul territorio, dei contributi alle imprese, alla politica e ai sindacati. Le resistenze dei partiti già sono a livelli altissimi. L’incontro è talmente avvolto dal mistero e dal silenzio che nei corridoi della politica nasce anche una controlettura. Il fatto che i due fossero faccia a faccia senza alcuna altra presenza avrebbe incoraggiato il capo dello Stato a parlare del suo coinvolgimento nella vicenda giudiziaria di Palermo, a chiedere anche un’iniziativa forte del governo per chiudere una volta e per sempre l’annoso tema delle intercettazioni. Ma nessuno conferma. Anzi piovono soltanto secche smentite dai rispettivi staff.
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