lunedì 10 febbraio 2014
L'Italia politica torna a spaccarsi dopo le rivelazioni di Alan Friedman relative ai contatti del presidente con Monti, nel 2011.
IL PUNTO Attacco al Colle con Letta e Renzi nel mirino di Marco Iasevoli
LA GIORNATA Chi attacca, chi difende
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Un titolo sulla prima pagina del Corriere della sera: “Già nell’estate 2011 Napolitano sondò Monti come premier”. E, all’interno, la notizia che spacca in due la giornata politica italiana: nel giugno-luglio di quell’anno il capo dello Stato avrebbe sondato informalmente la disponibilità a guidare il governo da parte del rettore della Bocconi. Il Colle, secondo la ricostruzione che il giornalista Alan Friedman propone nel suo libro “Ammazziamo il gattopardo”, avrebbe fatto i suoi passi verso Monti ben prima del 9 novembre 2011, giorno in cui l’ex commissario europeo è stato nominato senatore a vita (tre giorni dopo, il 12, sarebbe divenuto presidente del Consiglio). La ricostruzione si fonda su tre testimoni. I primi due, l’editore del gruppo L’Espresso Carlo De Benedetti e l’ex premier Romano Prodi, affermano di aver incontrato Monti nella calda estate 2011, e ad entrambi il “professore” avrebbe chiesto consigli sul da farsi nel caso fosse arrivata la chiamata ufficiale del Quirinale. Il terzo testimone è proprio lui, Mario Monti, che dopo diverse insistenze del cronista (“Lei non smentisce che nel giugno-luglio 2011 il presidente della Repubblica le ha chiesto di essere disponibile se fosse stato necessario?”) ammette di aver avuto “segnali in quel senso”. Sono parole che scatenano un putiferio. Forza Italia insorge, e arriva al punto, attraverso autorevoli esponenti, di “prendere in considerazione” la richiesta di impeachment di Napolitano già presentata da Movimento Cinque Stelle e ora allo studio dell’apposito Comitato. “E’ un complotto”, dicono i forzisti in coro, mentre Berlusconi preferisce per il momento il silenzio. Tuttavia, nei giorni scorsi il Cavaliere ha denunciato lui stesso i “quattro golpe” di cui sarebbe stato vittima dal giorno della discesa in campo. L’atmosfera si fa così incandescente che Napolitano è costretto a scendere in campo rendendo noti i contenuti di una lettera spedita al direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli. Il capo dello Stato richiama i “fatti reali” di quei giorni e si ribella all’ipotesi del complotto ai danni di Berlusconi: “È fumo, soltanto fumo”. Parole durissime accompagnate dalla rilettura di quelle terribili settimane del 2011, quando lo spread schizzò oltre quota 500: “I veri fatti – scrive Napolitano -, i soli della storia reale del Paese nel 2011, sono noti e incontrovertibili. Ed essi si riassumono in un sempre più evidente logoramento della maggioranza di governo uscita vincente dalle elezioni del 2008. Basti ricordare innanzitutto la rottura intervenuta tra il PdL e il suo cofondatore, già leader di Alleanza Nazionale, il successivo distacco dal partito di maggioranza di numerosi parlamentari, il manifestarsi di dissensi e tensioni nel governo (tra il Presidente del Consiglio, il ministro dell'economia ed altri ministri), le dure sollecitazioni critiche delle autorità europee verso il governo Berlusconi che culminarono dell'agosto 2011 nella lettera inviata al governo dal Presidente della Banca Centrale Europea Trichet e dal governatore di Bankitalia Draghi”. Questi i motivi reali dell’avvicendamento a Palazzo Chigi, dice il Colle. Che rimarca come il presidente della Repubblica non potrebbe mai “abbandonarsi a confidenze analoghe” a quelle fatte da De Benedetti, Prodi e Monti: il capo dello Stato "deve poter contare sulla riservatezza assoluta". Napolitano non nega di aver ricevuto più volte Monti nel 2011, ma non certo per ordire con lui una trama di Palazzo: “Nel corso del così difficile - per l'Italia e per l'Europa - anno 2011, Monti era inoltre un prezioso punto di riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economico-finanziaria sulle colonne del Corriere della Sera. Egli appariva allora - e di certo non solo a me - una risorsa da tener presente e, se necessario, da acquisire al governo del paese”. Napolitano giunge poi ai giorni caldi novembre: “L'8 novembre la Camera respinse il rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato, e la sera stessa il Presidente del Consiglio da me ricevuto al Quirinale convenne sulla necessità di rassegnare il suo mandato una volta approvata in Parlamento la legge di stabilità. Fu nelle consultazioni successive a quelle dimissioni annunciate che potei riscontrare una larga convergenza sul conferimento a Mario Monti - da me già nominato, senza alcuna obiezione, senatore a vita - dell'incarico di formare il nuovo governo”. Mentre il Quirinale elaborava la sua risposta ufficiale, giungevano in sua difesa le voci del premier Enrico Letta (“Bisogna reagire con fermezza a questo vergognoso tentativo di mistificare i fatti”), del segretario Pd Matteo Renzi (“Attacco inaccettabile, Napolitano ha agito nell’interesse degli italiani”) e dei leader della maggioranza che sostiene l’esecutivo. La vicenda s’intreccia con le trattative sulla legge elettorale e sul rilancio del governo. E rinsalda l’asse di opposizione tra M5S e Forza Italia. Ieri al Comitato per la messa in stata d’accusa del capo dello Stato i due gruppi hanno dato parere contrario ad arrivare a un voto subito, e hanno chiesto più tempo per esaminare il caso, per creare insomma consenso intorno all’ipotesi di impeachment e trascinare il caso mediatico.
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