venerdì 27 agosto 2010
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Se c’è qualche speranza di superare lo scontro in corso tra Fiat e Fiom sui tre operai Melfi il merito è anche di Giorgio Napolitano. La risposta del presidente della Repubblica alla lettera dei tre operai, martedì, conteneva un invito al dialogo che Sergio Marchionne ieri ha accolto ufficialmente. L’atteggiamento del manager di Fiat è ovviamente piaciuto al Quirinale, che in questa partita cruciale per i rapporti industriali italiani sta giocando l’inusuale ruolo del mediatore. Ha mediato anche ieri, Napolitano, che prima ha ringraziato Marchionne per «le parole con cui gli si è rivolto», poi gli ha assicurato che «anche in Italia si sa apprezzare lo straordinario sforzo compiuto per rilanciare l’azienda e proiettarla nel mondo di oggi fronteggiando l’imperativo del cambiamento che nasce dalle radicali trasformazioni in atto sul piano globale» e quindi ha concluso con un invito allargato: «Su questo terreno non possono sottrarsi al confronto le istituzioni e le parti sociali, nessuna esclusa».È chiaro a chi è diretto l’invito del presidente: di quel «patto sociale» invocato da Marchionne deve discutere anche la Fiom-Cgil, che finora non è uscita dal suo isolamento sindacale. Cisl e Uil infatti non hanno bisogno di inviti al dialogo. «Accettiamo la sfida lanciata da Marchionne – diceva ieri Luigi Sbarra, della Cisl –. Il modello partecipativo di Chrysler va benissimo, partiamo da lì». Non è che la Cgil non voglia discutere: il segretario Guglielmo Epifani ha accennato qualche apertura, e Marchionne ieri si è detto «totalmente aperto a parlare con Epifani, che è una persona che rispetto, con un profilo intellettualmente onesto». La Fiom, però, come ha precisato anche ieri il segretario Maurizio Landini non è disposta a toccare tre tabù: Costituzione, leggi, contratto nazionale.Del terzo punto la Fiat farebbe volentieri a meno. A Pomigliano Marchionne è riuscito ad avere dalla Cisl e dalla Uil, così come dalla maggioranza dei lavoratori, il via libera a un’intesa in deroga a quel contratto. E fra due settimane partirà il confronto tra Federmeccanica e i sindacati per cercare di includere anche soluzioni come quella della fabbrica napoletana nell’accordo nazionale. «Credo sia assolutamente possibile farlo» ha assicurato Emma Marcegaglia, che vuole evitare l’uscita di Fiat dalla sua Confindustria.Al nuovo «patto sociale», insomma, si sta già implicitamente lavorando. Anche nel governo – con il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che ha un ruolo da protagonista – e in Parlamento, dove ai consensi per Marchionne che arrivano dal Pdl si contrappone lo scetticismo del Pd: «Un nuovo patto sociale lo vogliamo tutti –dice il segretario Pierluigi Bersani – ma non si può averlo partendo dal presupposto che c’è qualche milione di lavoratori che hanno la testa nell’800»
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