sabato 31 luglio 2010
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È metà pomeriggio quando Pier Luigi Bersani sale i gradini del Colle. Con lui i vertici parlamentari del Pd. Hanno chiesto udienza al Capo dello Stato per ribadirgli che lo scontro furibondo scoppiato tra i due leader del Pdl - ma anche tra governo e presidente della Camera - deve essere discusso in Parlamento. Ma lo scenario che hanno in mente è chiaro: crisi e governo di transizione.Giorgio Napolitano li ascolta ed esprime loro preoccupazione per gli eventi. E poche ore dopo invia una nota nella quale richiama la «necessità di salvaguardare la continuità della vita istituzionale, nell’interesse generale del Paese». Le istituzioni siano lasciate al riparo dagli scontri. Il Colle stesso, puntualizza la nota, giudica «doveroso restare estraneo al merito di discussioni e decisioni interne ai partiti».Insomma, il Capo dello Stato non vuole farsi tirare dentro il gorgo di uno scontro, che per il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini «non ha precedenti nella storia della Repubblica». La situazione nata dallo strappo finiano è ancora dagli esiti imprevedibili. Ma per il Pd la «frattura» è insanabile ed è il momento di dare la spallata parlamentare all’esecutivo. Subito alla Camera inizia l’ostruzionismo sui decreti Tirrenia ed energia.La discussione ferve fuori e dentro l’aula. Bersani riunisce i suoi nella sala del Mappamondo. Intervengono tutti i leader, da Walter Veltroni a Massimo D’Alema. In particolare al centro c’è il tentativo berlusconiano di rimuovere Fini dal più alto scranno di Montecitorio. «Un potere non suo», puntualizzano sia il segretario, sia il capogruppo alla Camera Dario Franceschini. Tutti si sono detti contrari a un voto anticipato, sposando la tesi dell’appoggio a un governo di transizione. D’Alema è convinto che Berlusconi possa, invece, giocare la carta delle urne. Per elezioni anticipate è anche L’Italia dei valori. Mentre Casini torna a proporre un governo di responsabilità nazionale.Il leader centrista vede confermate le sue perplessità originarie sul bipolarismo e sulla nascita del Pdl. Ma non maramaldeggia. A Berlusconi e Fini ricorda che «si sono presentati insieme», e dunque «insieme dovrebbero chiedere scusa agli italiani». Poi rigetta l’ipotesi che possa aver successo una campagna acquisti verso i suoi parlamentari. E ribadisce di non voler dare alcun puntello al governo. «Fare da tappabuchi sarebbe umiliante».Comunque, per l’Udc la nascita del nuovo gruppo non significa automaticamente che non esiste più una maggioranza. Cosa su cui Pd e Idv la pensano diversamente. E, infatti, nel corso dei lavori parlamentari, un attimo dopo che è stata formalizzata la nascita di "Futuro e libertà per l’Italia", chiedono che si proceda a una verifica della maggioranza, perché a loro dire alla Camera non c’è più. Lo si vedrà nei numerosi passaggi delicati che attendono il Governo.
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