martedì 21 settembre 2010
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Cives romanus sum! Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo dirà con orgoglio. Ieri Roma gli ha conferito la cittadinanza onoraria. È il primo cittadino onorario di Roma Capitale, e la cerimonia assume un importante significato, perché suggella quella scelta di 140 anni fa, e dice che l’Italia, restando sempre e comunque Stato unitario, deve riconoscersi in Roma. Il presidente, firmando l’Albo d’onore nella Sala delle Bandiere in Campidoglio lo scrive a chiare lettere: «È con particolare e personale commozione, per l’alto riconoscimento conferitomi, che rendo omaggio a Roma, più che mai capitale di uno Stato democratico, che si trasforma restando saldamente Stato nazionale unitario».Dunque, non c’è federalismo che possa scalfire la graniticità dello Stato. Potrà cambiare, ma l’Italia resta una. Napolitano cita in soccorso Cavour nel suo saluto, e il sindaco Gianni Alemanno, che l’ascolta con tutto il consiglio, da ieri Assemblea, fa segni di assenso. Sosteneva il Conte che senza Roma Capitale l’Italia non si potesse costituire: «Roma e Roma sola – ribadisce il Capo dello Stato – deve essere la capitale d’Italia perché in Roma concorrono tutte le circostanze storiche, intellettuali e morali  che devono determinare le condizioni della Capitale di un grande Stato. Il ruolo di Roma Capitale non può essere negato, contestato o sfilacciato, nella prospettiva che si è aperta e che sta prendendo corpo di una evoluzione più marcatamente autonomista e federalista dello Stato italiano».Napolitano insiste più volte nel suo discorso sul concetto di unità che nulla potrà scalfire: «La forza dell’Italia come nazione e come sistema Paese sta nella capacità di rinnovarsi rafforzando e non indebolendo la sua unità; sta nella scelta, che tutti dovremmo condividere, di rinnovare modernizzando ma non depotenziando lo Stato che della nostra unità, in tutte le sue articolazioni istituzionali, è essenzialmente tessuto connettivo».Napolitano ha sempre avuto forti legami con Roma. Lo ricorda lui stesso: qui sono nati i figli, qui sua moglie, la signora Clio, ha vissuto da bambina, qui si sono sposati, poi da deputato Roma è diventata la sua seconda città, tenendo nel cuore Napoli. Confessa: «È proprio dei napoletani l’attitudine di integrasi anche in luoghi lontani, come propria di Roma è la capacità inclusiva, l’attitudine ad aprirsi, ad accogliere altri, ad abbracciare, innanzitutto, ogni italiano». Roma Capitale, dunque non si tocca. La sua grandezza non lo permetterebbe. Nulla può giustificare la sottovalutazione che viene da certe parti: «Io – taglia corto Napolitano – non ho mai ceduto a queste reazioni più o meno sofisticate di rigetto di una comune eredità».Anche per Napolitano, l’"affacciata" riservata agli ospiti di riguardo dal balconcino sospeso a 50 metri sui Fori e sulla Storia. Sotto c’è il cuore della Res Publica romana, in fondo si vede il Colosseo e a destra più lontano si scorge la Basilica di San Giovanni. Napolitano, nel discorso, accosta queste vicinanze: «Nessuna ombra pesi sull’Unità d’Italia che venga tra istituzioni dello Stato Repubblicano e istituzioni della Chiesa, venendone piuttosto conforto e sostegno».Alemanno, nel suo saluto, dà poi il nome a quello che Napolitano aveva lasciato intendere: «È evidente – dice in un punto del discorso – che qualsiasi forma di federalismo fiscale non può non portare a Roma ben altre risorse di quelle che oggi noi riceviamo». Poi, sembra quasi che gli venga dall’animo e provoca uno scroscio di applausi: «Altro che Roma ladrona! Roma è largamente e generosamente creditrice rispetto al resto della comunità nazionale. E non si confonda la città di Roma con le zone opache che spesso si manifestano ai margini delle istituzioni statali e locali e dei diversi livelli della rappresentanza politica». Poi altri applausi, quando sottolinea come la qualifica di Capitale Roma se la porti con sé anche dalla nascita della Repubblica: «Roma Capitale d’Italia è prevista dalla Costituzione, è il compimento dell’opera unitaria del Risorgimento, appartiene alla coscienza della maggioranza degli italiani come simbolo dell’Unità nazionale. Ecco perché – aggiunge – suonano non solo dissennate, ma addirittura autolesionistiche, le invettive politiche che puntano a depotenziare il Ruolo di Capitale». La Lega, quindi è servita. I ministeri che si vorrebbe spostare un po’ qui e un po’ là? Restano invece a Roma. Perché rappresentano il simbolo più importante dell’Unità nazionale.Come poteva chiudersi l’incontro tra il sindaco e un cittadino di questo spessore? Con un abbraccio. «Per me il regalo più bello è stato l’abbraccio al presidente che è stato alche il modo visibile di suggellare questo incontro», commenta alla fine un primo cittadino travolto ancora dall’emozione.
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