martedì 23 aprile 2013
​Si è spento a 88 anni in una clinica romana dopo una lunga vita spesa nelle istituzioni.
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​Se ne va Antonio Maccanico il grand commis, il funzionario di rango dello Stato prestato alla politica, si è spento a 88 anni in una clinica romana dopo una  lunga vita spesa nelle istituzioni e in politica.Laureatosi nel 1947 in Giurisprudenza presso l'attuale Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, intraprese dal '47 la carriera di funzionario parlamentare alla Camera dei deputati arrivando fino al gradino più alto di segretario generale nel 1976. Nel 1962 fu nominato capo dell'Ufficio legislativo del ministero del bilancio con Ugo La Malfa ministro. Poi il salto, nel 1978, quando il presidente della Repubblica Sandro Pertini, appena eletto, lo chiamò a ricoprire il ruolo di segretario generale del Quirinale, incarico che mantenne fino ai primi due anni del mandato di Francesco Cossiga. Era il 1987, anno in cui fu nominato presidente di Mediobanca subentrando ad Enrico Cuccia. Quasi un predestinato a questo ruolo di superbanchiere, essendo nipote di quell' Adolfo Tino, fratello della madre, primo presidente del prestigioso istituto milanese. Ministro degli affari regionali  e dei problemi istituzionali nei governi De Mita e Andreotti sesto, è stato eletto senatore per il partito repubblicano nel 1992 ( fino al 1994), e nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio da Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. Nel 1995 fondò l'Unione democratica. E dopo la caduta del governo nei primi mesi del 1996, fu incaricato dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro di formare un nuovo governo, un esecutivo di matrice tecnica che guardava ad una intesa di fondo tra i due poli di centrodestra e di centrosinistra: una sorta di precursore delle larghe intese che potrebbero rappresentare il cuore del nuovo governo 'patrocinatò in queste ore da Giorgio Napolitano. Il tentativo allorà fallì e si aprì una autostrada per l'Ulivo ed il primo governo di Romano Prodi dove Maccanicò, eletto deputato nel 1996, entrò con l'incarico di ministro delle Poste e telecomunicazioni( in tale veste presentò un ddl per l'istituzione dell'autorità per le garanzie nelle comunicazioni ben conosciuto come 'legge Maccanicò). Nel 1999 partecipò alla fondazione dei democratici sempre con Romano Prodi e nel giugno dello stesso anno sostituì Giuliano Amato come ministro delle Riforme istituzionali nel primo governo D'Alema. Nel corso di quella legislatura fu l'estensore del cosiddetto 'Lodò che prevedeva la non procedibilità e la sospensione dei processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato (presidente della Repubblica, presidenti delle Camere, della Corte costituzionale e premier). Nel 2006 entrò ancora in Parlamento nelle liste della Margherita. Nelle elezioni del 2008 decise di non ricandidarsi.
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