venerdì 23 giugno 2017
Aveva 84 anni. È stato il primo presidente dell'Authority per la Privacy
Stefano Rodotà, 1933-2017 (Ansa)

Stefano Rodotà, 1933-2017 (Ansa)

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L'ultima disputa politica che l’aveva visto protagonista – occorre dire suo malgrado – risale a quattro anni fa, quando Stefano Rodotà incappò nelle ire del leader del M5S Beppe Grillo, che appena un mese prima lo aveva candidato alla Presidenza della Repubblica. Il giurista, costituzionalista, già deputato per quattro legislature (dal 1979 al 1993), prima come indipendente nelle liste del Pci e poi tra i banchi del Partito democratico della sinistra, vicepresidente della Camera e primo presidente dell’Autorità garante per la privacy, è morto ieri a Roma all’età di 84 anni. Era infatti nato a Cosenza il 30 maggio del 1933.

Docente di Diritto civile all’università "La Sapienza", Rodotà è autore di numerose pubblicazioni ed è stato un teorico dell’estensione massima dei diritti del singolo, fino a pubblicare nel 2012 un saggio dal titolo "Il diritto di avere diritti". Tra questi ultimi includeva l’aborto, l’eutanasia (era socio onorario dell’associazione LiberaUscita), la fecondazione eterologa, la maternità surrogata o utero in affitto (ammettendo i rischi del proliferare di un «mercato» dei gameti, ma rivendicando anche in questa circostanza «la libertà della donna» di disporre del proprio corpo), il matrimonio tra persone omosessuali. Si disse favorevole alla rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche. Le sue posizioni apertamente anticlericali e laiciste lo hanno nel tempo portato a essere un punto di riferimento di un’intera area culturale e politica.

In gioventù aveva militato tra i primi Radicali di Mario Pannunzio, ma nel 1976 e nel 1979 rifiuta la candidatura al Parlamento offertagli da Marco Pannella e, nella seconda occasione, si presenta invece come indipendente nelle liste del Partito comunista. Lascerà la Camera nel 1993, dimettendosi dopo essere stato eletto vicepresidente. A seguire, dal 1997 al 2005, l’esperienza da Garante per la privacy. Ha insegnato anche in diverse università straniere, in Europa, America Latina, Canada, India, Australia.

Nell’aprile del 2013 Rodotà si ritrova nuovamente proiettato nella vita politica e istituzionale: il Parlamento sta cercando di eleggere il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale (il quale si troverà poi a dover accettare un secondo mandato, seppure con l’intenzione di lasciare prima della scadenza naturale) e il Movimento 5 Stelle propone proprio il suo nome. Il professore raccoglie, oltre a quelli dei grillini, anche voti a sinistra, ma non bastano. Appena un mese dopo, in un’intervista, Rodotà commenta con accenti critici la sconfitta dei 5 Stelle alle amministrative, invitando il Movimento a rivedere le rigidità della sua catena gerarchica. Per tutta risposta Grillo, sul suo blog, gli dà dell’«ottuagenario miracolato dalla Rete». Un’uscita alla quale il giurista non replica: «Non è nel mio stile», dice. L’ultima pubblicazione di Stefano Rodotà è datata 2016, per sostenere le ragioni del No al referendum costituzionale del 4 dicembre.

Numerose le espressioni di cordoglio per la sua morte. A cominciare dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un messaggio alla famiglia ne ha ricordato «le alte doti morali e l’impegno di giurista insigne, di docente universitario, di parlamentare appassionato e di prestigio e di rigoroso garante della Privacy». Analoghe attestazioni dai presidenti del Senato e della Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, e del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni.

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