mercoledì 27 settembre 2017
L'uomo deceduto, un sessantenne, era stato operato al San Camillo di Roma l'anno scorso. I medici e il Centro nazionale trapianti: «Tutto in regola»
Muore dopo il trapianto: «Il cuore era malato». Scoppia la polemica
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Una notizia che arriva, senza un perché, un anno dopo. E che secondo i primi accertamenti sarebbe falsa. È destinata a sollevare la polemica la vicenda del sessantenne morto all'ospedale San Camillo di Roma in seguito a un trapianto dopo aver ricevuto, questa l'ipotesi riportata stamane dai quotidiani La Repubblica e Il Messaggero, un cuore malato invece che uno sano, appartenente a un paziente deceduto in seguito a un infarto. Organo che sarebbe stato espiantato all'ospedale San Raffaele di Milano, cui sarebbe dunque spettato l'onere della valutazione medica sulla sua idoneità.

Il trapiantato «due giorni dopo l'operazione - continuano i quotidiani - muore in ospedale per insufficienza cardiaca» e i famigliari «non ci stanno e denunciano». Circostanza che l'autopsia avrebbe confermato e su cui la procura di Milano («perché l'errore medico - questa l'ipotesi - si sarebbe consumato al San Raffaele») avrebbe aperto un fascicolo per omicidio colposo .

I fatti avvenuti nel 2016. I medici: «Notizie false»

«È una notizia gravissima, - è il primo commento a caldo del ministro della Salute Beatrice Lorenzin -, singolare per un sistema come quello italiano sui trapianti, che ha una procedura tra le migliori al mondo». Il ministro fa subito sapere di aver avviato le procedure di verifica per comprendere cosa sia successo: «Mi sembra un errore tragico e inaccettabile, cercheremo di capire se e dove c'è stata una falla, e dove intervenire».

Di tutt'altro parere il direttore del Centro nazionale trapianti (Cnt), Alessandro Nanni Costa: «Il cuore trapiantato nell'uomo che è deceduto dopo un trapianto dalla coronarografia era risultato normale, cioè nelle condizioni di essere trapiantato» ha spiegato. La documentazione è a disposizione degli inquirenti. «Il donatore aveva auto un arresto cardiaco in una piscina - ha detto - ma successivamente aveva ripreso a battere normalmente». I danni cerebrali ne avevano però causato la morte. I controlli avevano poi verificato la normale funzione cardiaca ed il trapianto è avvenuto nei tempi stabiliti.

Il tutto, per altro, sarebbe avvenuto circa un anno fa. L'intervento risale al 30 agosto 2016, la morte al 4 settembre 2016. Il Consiglio nazionale trapianti se ne è occupato il 21 settembre 2016. «Quel cuore - precisa il professor Francesco Musumeci, responsabile trapianti e responsabile della Cardiochirurgia del San Camillo, nel corso di una conferenza stampa convocata rapidamente e a cui ha preso parte anche il direttore generale dell'Azienda ospedaliera San Camillo, Fabrizio d'Alba -, era un organo perfettamente sano, rispondente a tutti i parametri per un trapianto. Motivo per cui le notizie riportate sono assolutamente false». Senza contare che «la Procura non ci ha mai contattati sull'episodio».


Il paziente (che veniva considerato critico e che era già stato trattato con un defibrillatore) sarebbe invece morto per ben altre cause: «Era già stato sottoposto ad intervento di sostituzione della valvola aortica, ricoverato più volte in ospedale per scompenso avanzato - ha precisato Musumeci -, dopo l'intervento tutto andava bene, a nuova testimonianza della perfetta funzionalità dell'organo, ma sono subentrate una serie di complicanze diverse che hanno portato alla sua morte».

Nel 2016 boom di trapianti

Nel nostro Paese non sono mai stati fatti tanti trapianti e tante donazioni d'organo come nel 2016, anno a cui risale la vicenda dell'uomo morto dopo un trapianto cardiaco all'ospedale San Camillo di Roma. Secondo i dati del report diffuso dal Centro nazionale trapianti, sono stati 1.596 i donatori e i pazienti trapiantati sono aumentati di oltre 400 unità portandosi a quota 3.736, il 13% in più rispetto all'anno precedente. In totale sono stati 266 i trapianti di cuore, contro 246 nell'anno precedente.

Al primo posto per numero di interventi eseguiti c'è Padova (39), seguita da Milano Niguarda e Bologna. Il San Camillo di Roma figura al settimo posto con 16 interventi eseguiti.

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