venerdì 17 aprile 2020
Uno studio dell’Università Vita–Salute San Raffaele rivela: le aree di New York e Madrid hanno fatto peggio della Lombardia. Meglio, invece, Londra e Parigi
La piazza Duomo di Milano completamente deserta nei giorni scorsi

La piazza Duomo di Milano completamente deserta nei giorni scorsi - Fotogramma

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Esiste o no un “caso Lombardia”? La regione più ricca e popolosa d’Italia ha davvero sottovalutato la diffusione della pandemia provocando una serie di decessi altrimenti evitabile? Insomma, è legittimo parlare di “eccesso di mortalità”? Sembrerebbe di no secondo una ricerca dell’Università Vita-Salute del San Raffaele. A fronte di un evento drammatico e senza precedenti per dimensioni e rapidità, la Lombardia, primo territorio dell’Occidente a fronteggiarlo – e quindi anche quello potenzialmente meno preparato – è riuscita a limitarne la diffusione nella sua zona a più alta densità abitativa, cioè Milano. È la conclusione cui sono giunti i ricercatori, che hanno condotto un’indagine sui primi 30 giorni di espansione del virus.

E confrontato le risposte all’emergenza attuate in Lombardia con quelle messe in campo in altre cinque aree metropolitane con caratteristiche simili dal punto di vista demografico, commerciale, di scambi e movimenti di persone: e cioè l’ambito metropolitano di New York, la regione Il–de–France (Parigi), la contea della Greater London, Bruxelles–Capital e la Comunidad autonoma di Madrid. Ebbene, andando al nocciolo dello studio, il dato di maggiore rilievo che viene fuori è quello sul tasso cumulativo di mortalità per Covid–19, calcolato dal giorno in cui si sono verificati i primi tre casi mortali e per i 30 successivi: New York (il giorno di inizio dell’analisi è il 15 marzo) è stato il territorio più colpito con 7.429 decessi (81,2 ogni 100mila abitanti); Madrid (dal 6 marzo) è statisticamente molto vicina alla metropoli statunitense e ne ha contati 5.136 (77,1 per 100mila abitanti), mentre la Lombardia (23 febbraio) ha fatto registrare un tasso di mortalità pari a 41,4 persone ogni 100mila abitanti: i morti, in 30 giorni, sono stati 4.178. Un dato che, scrivono i ricercatori di Vita–Salute «è sotto la media ed è l’unico caso in cui il capoluogo (Milano) non è stato sin qui investito, in modo rilevante, dall’onda pandemica ».

E le altre zone? A Bruxelles Capital (dall’11 marzo) la mortalità è pari a 48,6 casi, mentre migliore è apparsa la situazione nei primi 30 giorni di espansione del Sars–CoV–2 a Londra (23 morti per 100mila abitanti) e a Parigi (26,9). Interessante anche la percentuale della dotazione dei posti letto di terapia intensiva nelle sei aree prese in esame: la Lombardia li ha aumentati del 114% (ben 1.547 quelli totali disponibili dedicati al Covid–19), una misura simile a quanto fatto dalle autorità spagnole per Madrid; del 109% è stato invece l’incremento di posti letto nei reparti di alta intensità di cura di Parigi, mentre New York ha ampliato la sua capacità di trattare i pazienti critici del 67%. Londra e Bruxelles si sono “accontentate” di ampliare le terapie intensive rispettivamente del 49,8% e del 40%.

«Le sei realtà considerate – dice Carlo Signorelli, direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva di Vita–Salute San Raffaele, primo firmatario dello studio al quale hanno collaborato gli ospedali milanesi San Raffaele e Policlinico San Donato – hanno situazioni economiche, livelli dei sistemi sanitari e modalità di raccolta dei dati per larga parte sovrapponibili », il che rende i paragoni «realistici». L’identificazione di queste aree «ha seguito confini amministrativi e dinamiche di diffusione delle infezioni; e ciò anche grazie alla disponibilità di dati di mortalità disaggregati. Se si fosse considerata la sola provincia metropolitana di Milano (3,2 milioni di abitanti) – evidenzia Signorelli – il tasso di mortalità sarebbe stato inferiore del 50% circa». L’analisi ha preso in considerazione i numeri diffusi e pubblicati giornalmente su siti ufficiali, «che sono sicuramente un indicatore più attendibile rispetto alle notifiche delle infezioni, dato largamente sottostimato rispetto a quello reale e variabile in base alle diverse strategie di effettuazione dei tamponi».

Tirando le somme, la «Lombardia sino ad oggi ha mostrato dati complessivi di mortalità alti in termini di casi (oltre 10.000), ma inferiori, in proporzione alla popolazione residente – osserva Signorelli –, a tre delle sei altre regioni metropolitane considerate e con un tasso di mortalità cumulativa al 30° giorno inferiore di circa il 50% rispetto a New York e alla Comunidad di Madrid». Cosa ha determinato questo andamento? «Il fatto che l’epidemia non ha investito il capoluogo metropolitano di Milano ma solo alcuni capoluoghi limitrofi tra cui Bergamo, provincia con oltre 1 milione di abitanti ».

Due, per gli autori della ricerca, i fattori che hanno contribuito positivamente «a “difendere” l’area metropolitana a più alta concentrazione di popolazione e con i maggiori interscambi commerciali: da un lato l’efficacia e la tempestività dei provvedimenti di contenimento e mitigazione delle autorità pubbliche che hanno ridotto gli assembramenti, e quindi il rischio di contagio tra persone»; dall’altro, «l’efficacia e la sicurezza delle cure erogate dalle strutture ospedaliere che hanno ricoverato i pazienti Covid–19, giacché in tutto il mondo gli ambiti sanitari sono stati i maggiori propulsori di questa epidemia». C’è di più. «I due territori con sistemi sanitari a base pubblica (Italia e Regno Unito) – rileva Signorelli – hanno avuto tassi di mortalità sotto la media. Nonostante le cure emergenziali siano state erogate con le medesime modalità (gratuite a quanto risulta) in tutte le sei realtà, il fatto che i due Paesi con sistemi sanitari pubblici, integrati con i privati, abbiano avuto tassi più bassi potrebbe essere anche dovuto all’efficacia dei sistemi ospedalieri combinata con altri fattori».

Quindi, in attesa di un rapporto che faccia emergere l’andamento dell’emergenza anche nelle settimane successive a quelle esaminate, per gli studiosi di Vita–Salute San Raffaele «non emergerebbe al momento un “caso Lombardia” quanto ad eccesso di mortalità a confronto con altre metropoli occidentali. E il rapido adeguamento della rete di offerta ospedaliera ha saputo far fronte a una rilevante onda pandemica riuscendo fino ad oggi a limitarne la diffusione nell’area a più alta densità abitativa, cioè a Milano».

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