giovedì 2 aprile 2020
Il presidente dell’Istituto di statistica nazionale: sugli anziani in corso terribile selezione naturale. Natalità, temo l’effetto Chernobyl
Il presidente dell'Istat Blangiardo: «Abbiamo tre tipi di morti: quelli ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid; i morti che non hanno contratto Covid» «Si tratterà di cogliere un campione rappresentativo della popolazione italiana, che sarà analizzato con procedure sanitarie: tamponi, esami del sangue. Cercheremo di capire il cosiddetto effetto gregge»

Il presidente dell'Istat Blangiardo: «Abbiamo tre tipi di morti: quelli ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid; i morti che non hanno contratto Covid» «Si tratterà di cogliere un campione rappresentativo della popolazione italiana, che sarà analizzato con procedure sanitarie: tamponi, esami del sangue. Cercheremo di capire il cosiddetto effetto gregge» - Siciliani

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Sarebbe bastata la nota del 31 marzo – quella sul raddoppio dei decessi al Nord nei primi 21 giorni di marzo – per capire che «l’Istat c’è», come dice in quest’intervista il presidente Gian Carlo Blangiardo, annunciando che i 2.200 dipendenti dell’Istituto di statistica, tutti in smart working a casa loro, «stanno collaborando intensamente con il ministero della Salute per costruire indagini sul campo che ci aiutino a vedere la parte sommersa dell’iceberg Covid». E rivela: numeri alla mano, nello stesso periodo di tempo, l’anno scorso, sono morte più persone per malattie respiratorie che quest’anno per Covid-19.

Quindi, Istat studierà gli asintomatici?

Proprio loro – risponde il demografo – e i paucisintomatici, insomma quel popolo invisibile dei malati che si curano da soli, o che non sanno neanche di aver contratto il virus.

Come li individuerete?

Stiamo costruendo l’indagine, ma la procedura sarà diversa da quella tradizionale. Si tratterà di cogliere un campione molto ampio e rappresentativo della popolazione italiana, che sarà analizzato con procedure sanitarie: tamponi, esami del sangue, ecc. Cercheremo di capire anche il cosiddetto effetto gregge.

Che impatto ha fare molti o pochi test nel valutare patogenicità e mortalità?

Lo sapete anche voi che cambia tutto.

La parte sommersa dell’iceberg è formata anche dai morti che nessuno ha mai censito, questo ormai lo ammette anche l’Istituto superiore di sanità... Riuscirete a capire quanti sono?

Noi ci esprimiamo con i numeri che riusciamo a raccogliere e a validare. Quando affermiamo che nei primi 21 giorni di marzo al Nord i decessi sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-19 non è una impressione, ma un dato. Quando scriviamo che a Bergamo i decessi sono quasi quadruplicati passando da una media di 91 casi nel 2015-2019 a 398 nel 2020, riferiamo delle evidenze. Idem quando denunciamo «situazioni particolarmente allarmanti» nel Bresciano oppure un maggiore incremento dei decessi degli uomini e delle persone maggiori di 74 anni di età. Lavoriamo per ampliare queste conoscenza, ma dobbiamo tenere conto del fatto che la trasmissione dei dati è più lenta e complicata di quel che si vorrebbe in condizioni ordinarie, figuriamoci in un’emergenza sanitaria. Quando l’Istat fornisce un valore, quello è stato trattato secondo standard europei.

Restiamo nella parte bassa dell’iceberg: quanti morti erano già malati?

Abbiamo tre tipi di morti: quelli che ricollegabili soprattutto al Covid, con o senza altre patologie; coloro che non muoiono di Covid ma per Covid, cioè ad esempio infartuati che in condizioni normali si salverebbero; i morti che non hanno contratto Covid. Noi siamo in grado di dare elementi sui decessi, distinguerli per 21 fasce d’età e farlo estraendo questi numeri dall’anagrafe centralizzata, in modo da dare ai decisori preziosi elementi di valutazione. Per l’approfondimento delle schede di morte c’è l’Istituto Superiore di sanità.

Questo, comunque, è un virus per vecchi?

Sì, i dati che stanno emergendo circa la mortalità dicono chiaramente che colpisce in maniera molto prevalente persone anziane: è quasi un terribile processo di selezione naturale che elimina i soggetti deboli. Terribile. Ma ancor più terribile perché appare in qualche modo facilitato dalla nostra capacità di curarli.

Cosa intende?

La chiamo la maledizione degli anni pari. Il 2019, come tutti gli anni dispari, ha visto una regressione dei decessi. L’anno pari inizia bene, ma poi arriva marzo, con un virus che falcia coloro che la morte aveva risparmiato...

Il Servizio sanitario nazionale cura allo stesso modo tutte le fasce d’età?

Sì e sarebbe una barbarie, altrimenti. Non abbiamo dati che facciano pensare il contrario. Se ci sono risorse scarse, questa scarsità si è ripercossa in modo lineare su tutte le fasce d’età.

Di solito si salvano prima le donne e i bambini. Perché qui il rapporto s’inverte?

Ci sono patologie relazionate all’età e al sesso, non è una novità.

Dal 21 febbraio al 31 marzo sono morte 12.428 persone per Covid 19. Quanti sono i morti di influenza nel mese di marzo (nel quale, quest’anno, si sono concentrati i decessi di coronavirus) degli anni scorsi?

Più che i morti per influenza, che è più difficile da attribuire come effettiva causa di morte, conviene ricordare i dati sui certificati di morte per malattie respiratorie. Nel marzo 2019 sono state 15.189 e l’anno prima erano state 16.220. Incidentalmente si rileva che sono più del corrispondente numero di decessi per Covid (12.352) dichiarati nel marzo 2020.

Questo non è un Paese per bambini: dopo il Covid sarà peggio?

Temo un effetto Chernobyl, una preoccupazione che disincentiva la natalità. Ma qui parla il demografo, non il presidente dell’Istat, perché dati statistici ancora non ce ne sono.

Quale impatto economico stimate per il lockdown?

Stiamo valutandolo. Nel documento che abbiamo presentato al Parlamento in un’audizione presso la Commissione bilancio del Senato, i dati economici relativi ai settori che hanno subito la sospensione delle attività mostrano come il lockdowncoinvolga 2,2 milioni di imprese (il 48,8% del totale), oltre 7 milioni di addetti (il 42,8%), con un valore aggiunto annuo di poco meno di 300 miliardi. È ancora presto per definire scenari, anche se c’è poco da stare allegri, visto che, come abbiamo comunicato in questi giorni, l’epidemia Covid-19 è intervenuta in un momento in cui in Italia la fase di ripresa ciclica perdeva vigore, per via della Brexit, dei dazi statunitensi e del rallentamento della domanda tedesca. Comunque, nella Nota mensile che verrà pubblicata il prossimo 7 aprile presenteremo interessanti simulazioni di impatto economico (diretto e indiretto) delle limitazioni delle attività produttive.

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